Pentecoste al Santuario della Madonna delle Croci di Monreale

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di Giovanni Vitale

 

Domenica 9 giugno, in un assolato e caldo pomeriggio, precursore dell’arrivo dell’estate, presso il Santuario Maria SS. Addolorata al Calvario delle Croci, da tutti conosciuto come Madonna delle Croci, gremito di fedeli, l’arcivescovo Michele Pennisi alle 18.00 ha celebrato la Solennità liturgica di Pentecoste, presenti anche don Giuseppe Salamone, rettore del Santuario del SS. Crocifisso,il sindaco di Monreale Alberto Arcidiacono e l’assessore Geppino Pupella. Ad animare i canti il coro dell’Insigne Collegiata e della Parrocchia di Malpasso guidati dal maestro Giuseppe Antista.
Questo intenso momento di preghiera ha inteso concludere inoltre, per espresso desiderio di mons. Pennisi, il mese di maggio dedicato per tradizione alla Vergine Maria e per i monrealesi anche al SS. Crocifisso e allo stesso tempo fare memoria grata a colui che recuperò con amore, zelo e dedizione il Santuario, completamente abbandonato e profanato, il caro mons. Saverio Ferina, primo parroco e rettore, ridonandolo con fondamentali opere di restauro e aiuti economici da parte di tanti fedeli, amici e benefattori, all’antica bellezza di un tempo e restituendolo al culto, quale meraviglioso luogo di pace e di preghiera che si addice alla devozione mariana.
Il presule traendo spunto dalla gioia che la Pentecoste con la discesa dello Spirito Santo produce nei cuori dei fedeli, regalandoci l’incrollabile certezza che siamo figli amati nell’amato Figlio e che per ciò stesso riceviamo il dono d’amore più grande, il Consolatore perfetto, ha ricordato che la Madonna riunita con gli Apostoli nel cenacolo, è Colei che per prima quale Sposa dello Spirito Santo ha creduto nella Parola e si è fatta testimone del Vangelo. Ed è questo che un Santuario deve essere e deve fare: deve essere luogo di trasmissione della parola di Dio, in esso si deve vivere pienamente la testimonianza del Vangelo.
Nel mese di maggio, ormai trascorso, tutte le comunità parrocchiali di Monreale guidate dai loro parroci hanno affrontato in diversi giorni e orari, anche serali, il viaggio, quella salita, che se pur faticosa, permette ancor di più di sperimentare la vicinanza al Signore, la sua salita al Calvario e, poterne così gustare, arrivati alla meta, quel sentimento di totale affidamento, di fiducia, di pace, di rinnovato vigore spirituale. Dalla parrocchia Santa Maria Nuova a quella di San Castrense, da Santa Teresa alla parrocchia dei SS. Vito e Francesco, è stato un unico fiume di popolo orante e devoto, di anziani, giovani e bambini, tutti e ciascuno in salita lungo quelle scale, recitando il Santo Rosario, illuminati dalla fede e dalle fiammelle dei ceri, per deporre ai piedi del quadro dell’Addolorata nella cappella inferiore il bagaglio delle proprie preghiere, per dire grazie, per invocare sostegno e accendere alla Madonna una luce votiva, simbolo dell’ardente amore filiale.
Da ricordare senz’altro, nel pellegrinaggio della parrocchia Santa Teresa del Bambino Gesù, anche la presenza degli eletti diaconi Salvatore Crimi e Salvatore Grizzaffi, alunni del Seminario Arcivescovile, per i quali forte si è alzata una preghiera in vista della loro ordinazione e del loro prossimo servizio nella Chiesa come annunziatori del vangelo di Cristo.
Cosi come profondamente sentito, in un ideale legame tra la Madre Addolorata e il Figlio in Croce, a chiusura del 31 Maggio, il tradizionale “viaggio collettivo dei monrealesi”, per laprima voltacompiuto insieme all’Arcivescovo, dopo la messa celebrata al Santuario del SS. Crocifisso: segno abbondante dell’amore di Dio che ci fa ricordare il senso del nostro essere cristiani sempre in cammino, come pellegrini, incontro al Crocifisso Risorto e in dolce compagnia della Vergine Maria.
Durante l’omelia di Pentecostemons. Pennisi ha espresso tutta la sua gioia per essere presente nel luogo mariano dove, sul Monte Caputo, la Vergine Maria venerata col titolo di Addolorata, apparve al giovane fra’ Mariano al secolo Matteo Quartuccio, quale dispensatrice di grazie.
Il giovane monrealese, apprendista presso la bottega di Giuseppe e Giorgio Lorito, famosa famiglia di orologiai e fabbricanti d’armi, era solito recarsi in preghiera presso la piccola cappella posta sul Monte Caputo. Era questa l’ultima stazione della Via Crucis, che venne costruita a ricordo della missione quaresimale predicata a Monreale dai Padri Cappuccini nel 1787. Sui muri delle case si costruirono le piccole cappelle, e sopra delle lastre di ardesia, furono dipinte le quattordici stazioni. L’ultima appunto, dove si soffermava Matteo Quartuccio, era piccola, rivolta in direzione della Cattedrale. Vi si trovava un’immagine, posta sopra il secondo gradino di un piccolo altare, raffigurante, sopra una grande lastra di marmo di Genova, la Santissima Vergine Dolorosa piangente con il Figlio deposto tra le braccia. Qui, il giovane garzone fu testimone, secondo la tradizione, di diverse apparizioni della Madre Addolorata iniziate il 25 marzo 1812, nelle quali la Madonna gli donava del pane caldo. L’arciprete della Cattedrale, don Ignazio Grimaldi, nel 1815 vestì Matteo con gli abiti dei Servi di Maria e gli mise il nome di fra’ Mariano da Monreale. Il frate ebbe la visione di come dovesse essere la nuova Chiesa, che l’architetto camerale Nicolò Puglia andava costruendo dal 1815 con le offerte anche del popolo devoto, entusiasta per i grandi miracoli che intanto si verificavano. Il sacro edificio doveva avere un campanile dietro la Chiesa, più alto di tutto, per significare che la meditazione della passione di Gesù e dei dolori di Maria eleva il cristiano a Dio.Il progetto fu realizzato in massima parte, ad eccezione del campanile, infatti i lavori furono interrotti per i tumultuosi eventi politici nel 1820 e poi ripresi più volte. L’edificio venne benedetto da mons. Giovan Battista Tarallo, vicario generale dell’arcivescovo Benedetto Balsamo il 18 settembre 1843.
Nella raccolta delle testimonianze che mons. Saverio Ferina pubblicò nel suo libro postumo Letture di Vita Cristiana, si riportano le parole che la Vergine riferì al giovane Matteo: “Ho posto un faro in Monreale per i figli del peccato. Attirerò a questo santo faro i miei figli sperduti nel buio della tristezza e della tribolazione per consolare i loro cuori”.
Il nostro Arcivescovo, durante l’omelia, riallacciandosi a ciò, non ha tralasciato di porgere il saluto ai fedeli presenti di un odierno “eremita”, proprio come più volte egli stesso ha voluto definirsi nei momenti di ritiro e di preghiera intensa presso la cappellina inferiore del Santuario dell’Addolorata: fratel Biagio Conte. Anche per lui questo luogo sacro è “un faro”.
In una dei suoi ultimi ritiri spirituali, pubblicamente intervistato ha così affermato: «Da sempre guardo questa chiesa da lontano. E come disse la Madonna a fra’ Mariano, questa è un faro che illumina Monreale. Qui c’è una luce di speranza, qui sento conforto». Non tutti sanno infatti che i primi passi della conversione di fratel Biagio, nella sua gioventù, sono avvenuti in una frazione di Monreale, Aquino. Da questo luogo il giovane Biagio cominciò il suo meditato percorso di conversione: non più attratto da una società che corre dietro alle mode passeggere ma una società che deve servire e amare i poveri.

Le immagini di bambini sofferenti e denutriti, una sera, turbandolo profondamente, lo spinsero a una scelta di dedizione totale ai poveri.

Ad Aquino, da quel giorno, Biagio Conte iniziò la vita da eremita, rifugiandosi nelle montagne sul versante di Altofonte, tra Pizzo della Moarda e la Valle del Fico, percorrendo le strade della Sicilia. Da questi luoghi, come da lui raccontato, in un’unica linea è possibile scorgere il Duomo di Monreale e il Santuario della Madonna delle Croci. A tal proposito, fu la madre di fra’ Biagio, che preoccupata per il figlio eremita di cui non aveva più notizie, un giorno si recò a Monreale, proprio alla Madonna delle Croci, dove fu confortata e incoraggiata dall’allora rettore Don Saverio Ferina.
Fratel Biagio, oggi, è una concreta immagine di servizio ai poveri, di chi lotta nella società odierna a favore e a fianco dei più deboli e degli emarginati. In questo emerge una linea continua, del tutto spirituale, anche con Papa Francesco, in quello sguardo missionario di voler pensare sempre ai poveri, immagine di Cristo.
Al termine della celebrazione Eucaristica,dopo la tradizionale distribuzione dei panini benedetti, l’Arcivescovo, incoraggiando a proseguire sulla strada della cura delle anime dei fedeli e del decoro del Santuario, si è intrattenuto con tutti presenti nella terrazza inferiore con la sua splendida veduta sulla Conca d’oro per un momento conviviale e di fraternità, organizzato e offerto dai collaboratori del Santuario e dai parrocchiani di San Giuseppe in Malpasso.

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