di Francesco Inguanti
Mancano ormai pochissimi giorni, alla apertura dei cancelli della quarantesima edizione del Meeting di Rimini. Il lavoro di un anno di migliaia di persone troverà compimento nella visita che centinaia di migliaia di persone faranno da domenica 18 agosto fino a sabato 24 agosto.
L’ultima settimana è tradizionalmente riservata al montaggio degli stand, all’approntamento dei ristoranti, all’arredamento delle sale per gli ospiti, alla sistemazione delle migliaia di sedie nei saloni e all’allestimento delle mostre. Le mostre costituiscono sempre l’aspetto che maggiormente incuriosisce perché devono ogni volta saper coniugare la bellezza e l’efficienza, l’arte e l’organizzazione. Quest’anno tra le mostre spicca certamente quella denominata: “Si aprì una porta nel cielo: la cattedrale di Monreale”.
Varie sono le caratteristiche che la rendono particolarmente attraente.
Innanzitutto il tema. Come hanno più volte spiegato nei mesi precedenti coloro che hanno contribuito alla sua ideazione e preparazione non è una mostra sulla Cattedrale normanna, ma sul complesso architettonico, costituito oltre che dalla cattedrale anche dal chiostro e dal convento. La mostra, infatti, proporrà ai visitatori un percorso che intende far rivivere la vita che i monaci provenienti da Cava dei Tirreni facevano quotidianamente dai luoghi della vita comune alla basilica.
Vi sono poi le dimensioni: innanzitutto i 700 mq che occuperà, ma anche i 4,5 metri in altezza su cui si svilupperà. Inoltre ci sarà una riproduzione praticamente in scala 1:1 del portale di Bonanno che apre il percorso ed una altrettanto scenografica del Pantocrator, che lo chiude con il suo straordinario abbraccio.
Per ultimo, ma non per importanza, va ricordato la quantità e la qualità degli oggetti sacri che sarà possibile osservare come testimonianza di quanto è accaduto nella cattedrale, prima tra tutti l’icona della Odigitria o Madonna Bruna, come viene anche chiamata, dono di Guglielmo alla Cattedrale che ha lasciato Monreale solo una volta per andare ad una mostra a Palermo. Dunque, è la prima volta che va in Italia.
Abbiamo posto alcune domande all’architetto Marco Oliva che ha curato la realizzazione e ad alcuni studenti del Politecnico di Milano che stanno traducendo in concreto il lavoro preparatorio di oltre un anno e mezzo.
Architetto, quando è iniziato il suo lavoro per la realizzazione?
Lavoro insieme al team di colleghi da circa quattro mesi, mettendo su carta le idee e i suggerimenti che la commissione preparatoria mi ha fornito. Un lavoro prevalentemente al tavolo da disegno che però da sabato10 agosto si è trasferito nei padiglioni della fiera. Qui alle matite e alle squadrette millimetrate si sono sostituiti chiodi, martelli, pennelli e colori.
Quale è l’aspetto particolare di questa mostra, rispetto magari a quelle fatte negli anni scorsi?
Può essere sintetizzato e spiegato con la parola falegnameria. Voglio dire che non ci siamo limitati a ricreare solo degli spazi fedeli all’originale, ma i falegnami, che sono tutti volontari, hanno cercato di ricreare soprattutto l’ambientazione per far comprendere l’aria che si respirava negli spazi. Stiamo tentando di riprodurre, per quanto possibile, la sensazione che si prova entrando nella vera cattedrale.
E dal punto di vista architettonico?
Per ricreare l’abside abbiamo creato delle pareti circolari con un raggio di 2,5 metri ed una altezza di 4 metri, verniciate color oro, molto raffinate. Il Pantocrator è realizzato con una grande stampa adesiva, molto ampia e costosa, costituita da un insieme di foto, alcune migliaia, che riproducono fino al più piccolo dettaglio, in modo che l’immagine complessiva non si sgranasse in alcun modo. È stato fatto nei mesi scorsi un sopralluogo alla Cattedrale e si sono fatte delle foto ad altissima definizione, da cui poi, con una sorta di puzzle, si è ottenuto il pannello che vedranno i visitatori.
Per comprendere meglio l’impegno di questa ricostruzione, è opportuno ricordale quali sono le misure originali presenti nel Duomo: il Pantocrator ha una misura delle braccia di 13,30 mt, un’altezza di 7 mt; la testa compresa la barba misura 3 mt; la mano destra è 1,80 mt; il libro aperto è 2×2 mt; le lettere “Io sono la luce del mondo, chi segue me, non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita” del libro hanno 30 cm di misura. Nelle navate sono rappresentati 250 Santi; 18 sono le colonne di granito. Si calcola che i lavori siano stati diretti da 100 monaci benedettini.
Architetto, qual è il vostro obiettivo di fondo?
Fare una ricostruzione degli ambienti che sia la più fedele possibile, ma anche che sappia rendere l’atmosfera e l’esperienza che si facevano in quei luoghi.
E più in dettaglio?
Stiamo ricostruendo il portale del Bonanno, le colonne della Cattedrale e le più importanti di quelle del chiostro
E i volontari?
Sono 15 studenti che vengono dal Politecnico di Milano: sono tutti studenti di designer, degli interni della comunicazione, della moda, ecc. Molti non sono qua per la prima volta.
Diamo la parola ad Elena Andrea Cedres Medina, che ha conseguito la laurea magistrale in designer della comunicazione.
“Io mi sto occupando della realizzazione della cattedrale: appena giunti per prima cosa abbiamo stuccato tutte le superfici, per eliminare i dislivelli, dalle basi delle colonne fino al congiungimento degli archi; tolto lo stucco in eccesso abbiamo dato il fondo e in particolare a quella dorato dell’abside. Ricostruire Monreale, seppur in piccolo, ci ha fatto capire la complessità dell’opera e l’impegno che ci hanno messo i veri costruttori. L’attenzione anche al più piccolo dettaglio ci aiuta a capire il valore dell’opera originaria e anche di quella che noi stiamo costruendo. Certo si fa una gran fatica fisica, ma è molto bello alla fine di ogni giornata valutare il punto cui siamo giunti per renderci conto dell’importanza di quello che stiamo realizzando. È il secondo anno che vengo al Meeting, devo tornare a casa, ma mi fermerò almeno il primo giorno, quello più importante per noi perché è il momento in cui nasce la vita in questi spazi ove noi per 10 giorni abbiamo lavorato”.
Giorgio Bonadei, viene da Milano, studia designer degli interni. “È il quarto anno che vengo al Meeting per contribuire alla realizzazione di una mostra. Quella di quest’anno è particolare a partire dalle dimensioni, perché spesso abbiamo lavorato a 4,5 metri di altezza. Il segreto sta nel fatto di sentire questa mostra come nostra così da arrivare alla realizzazione finale quasi come coloro che costruirono il duomo a Monreale. Quando penso a coloro che lo costruirono tanti anni fa mi vengono i brividi: noi facciamo già tanta fatica con le colonne in plastica, immaginate quelli che lavorarono per anni con la pietra. L’altro elemento da tener presente è il fattore tempo: va utilizzato al massimo, non solo per giungere alla conclusione, ma anche per distribuirlo bene tra tutti coloro che qui lavorano.
Architetto Oliva ci anticipa idealmente il percorso che faranno i visitatori?
Chi inizia la visita si troverà davanti innanzitutto il portale del Bonanno, messo proprio al centro dell’arco in modo tale che il visitatore passando sotto gli archi immagini di trovarsi a Monreale. Dopo di che c’è la prima sala in cui si racconta la storia della Cattedrale secondo tre epoche storiche diverse. Poi si passerà alla sala della ricostruzione del chiostro, dall’effetto indicibile a parole, con una particolare attenzione ai capitelli delle colonnine, attraverso un pannello che li raccontai, perché sono tutti diversi. Un video aiuterà a farlo vedere com’è nella realtà. Poi si uscirà dal chiostro e si entrerà in una sala scura, al buio, in cui troneggerà l’Odigitria. Lì il visitatore sarà invitato a fermarsi e a riflette alcuni momenti, speriamo senza alcuna distrazione o spiegazione. Lungo il percorso potranno poi ammirarsi numerosi e pregiati oggetti sacri provenienti da Monreale. Nella sala successiva un video farà vedere l’interno della cattedrale. Funge da antipasto al piatto forte: la cattedrale, i mosaici e il Cristo Pantocrator.
Cosa si può dire della vostra esperienza a quanti verranno?
Che è, al di là della fatica, un’esperienza bellissima ed entusiasmante che ha creato amicizia, solidarietà e capacità a lavorare insieme. Siamo certi che i visitatori apprezzeranno anche il nostro lavoro.