Va tutto bene adesso!

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di Alberto Caleca

Lavoro dal gennaio del 2007 in una agenzia di viaggi del trapanese. Non avevo studiato per questo, in famiglia nessuno aveva mai svolto questa professione, mio padre solo dopo tempo si è convinto che “tour operator” non è una brutta parola. Ho iniziato con tanto ardimento e altrettanta incoscienza. Dopo un inizio necessariamente faticoso, le cose andavano bene, anzi benissimo!

Qualche giorno fa ho fatto il compleanno. L’avevo preparato per tempo; tante le ipotesi avanzate con moglie e figlie: un viaggio, una cena, una gita fuori porta, una festa con i tanti amici che ho.

Ed invece, il compleanno l’ho festeggiato tra un cumulo di scatoloni pieni di derrate alimentari e una pila di cassette contenenti frutta fresca. Il luogo designato è stato il deposito del Banco alimentare di Cinisi. Gli amici con cui ho tagliato velocemente una fetta di torta preconfezionata, rigorosamente senza candeline, quelli che da tante settimane lavorano per consegnare cibo ai responsabili delle associazioni che vengono a chiederne e i pochi volontari che come me, si sono resi disponibili per questa emergenza. Insomma, un compleanno fuori dall’ordinario: chi l’avrebbe mai detto!

Tornando verso casa sono passato davanti l’ufficio dell’agenzia, dove lavoravo e tornerò, spero presto, a lavorare, ovviamente ancora chiuso. Ho pensato inesorabilmente alle cose fatte e dette nelle ultime settimane di apertura.

A quella sera di meno di due mesi fa quando guardando con i colleghi lo stato delle prenotazioni per l’estate ci dicevamo: “come siamo stati bravi, meritiamo un anno così, ci attende una estata faticosa, ma piena di soddisfazioni, anche economiche!”.

Poi una conferenza stampa di sabato sera in pochi minuti “vaporizza” tutto. Si rimane come sospesi, dentro un impensabile limbo della vita e del lavoro.

Le due settimane successive sono trascorse a fronteggiare le cancellazioni, le paure dei clienti e gli inevitabili rimborsi, il tutto dentro il turbine di notizie che, come dentro una radiocronaca della partita domenicale, ti toglie il fiato, ti confonde, ti lascia solo e smarrito.

E allora come in un “obbligato” reset del disco rigido della tua vita, pieno fino a quel momento solamente di canzoni e inno nazionale cantati dai balconi, di reiterati e incomprensibili #andratuttobene, appuntamenti alle 18 per la conferenza stampa cui non si può mancare e di tanto tanto “pani cunzatu”…decido di schiacciare il restart.

La domenica successiva senza pensarci, di fronte uno scenario di guerra, decido di dare a me e ai miei amici un “protocollo di guerra”, fatto di regole e disciplina, formazione, webinar, gruppo di lavoro con colleghi di Compagnia delle opere del Turismo; inizio ad elaborare lo scenario economico e finanziario peggiore per l’azienda e le necessarie misure da adottare e da cogliere dalle proposte pervenute dal Governo e da un Premier come Conte obbligato alla onnipresenza mediatica.

Ma dopo due settimane di protocollo la vita non respira, dopo due settimane di letture scelte tra i libri che ho a case e qualche acquisto con Amazon, guardo le mie figlie e mi chiedo pur senza chiarezza: Dov’è il mio io? Dov’è il mio cuore, adesso?

Accade però l’imprevisto che cambia le carte sul tavolo. Il 30 marzo una telefonata secca e senza preamboli mi chiede: “da domani hai modo di dare una mano al Banco alimentare qui a Cinisi, abbiamo tanto da fare rispetto alla moltiplicazione delle urgenze che piovono dal territorio?”

Il 25 marzo, pochi giorni prima, la Chiesa ci aveva fatto meditare sull’Annunciazione a Maria e al Suo “accada di me secondo la tua parola” e allora comprendo che la domanda è fatta anche a me oggi e rispondo: “sì, domani sarò da voi”.

Accade così dentro il lavoro e dentro la gratuità vissuta, giorno dopo giorno e scatolo dopo scatolo, di comprendere che il reset che cercavo non era nella ennesima formazione e nel protocollo autoimposto, ma nella immersione totale nel grande mistero della carità. Ogni scatolo aveva ed ha un volto che non conosco e forse non conoscerò mai, una goccia di risposta ad un immenso bisogno dell’uomo di oggi dentro la tempesta della pandemia. Ogni carteggio lavorato in ufficio che permetta a quel chilo di pasta di essere assegnato a chi ne ha bisogno è un aiuto immediato a me, al mio bisogno, al mio io.

Comprendere così che il mondo nuovo che ci attende non sarà frutto di nuove strategie, ma di una umanità nuova, non sarà frutto di un accordo di una stanca Unione Europea, ma di una carità tentativamente vissuta, e questo è possibile dentro un Mistero silenzioso che accade, davanti un Papa che stanco guarda un legno di croce del ‘500, dentro un “tornare a guardare in alto” come non facevo da anni.

Oggi sono tornato al deposito di Cinisi, ho ripreso insieme agli altri a dare sostegno al Banco alimentare che sta cercando con ogni mezzo a venire incontro ai bisogni che aumentano di giorno in giorno; sono ripassato ancora una volta davanti alla vetrina dell’agenzia, chiusa e a luci spente…  so che vi tornerò. Aspetto con ansia la data fatidica in cui inizierà la “fase 2”, quella in cui anche noi potremo tornare al “travaglio usato” di leopardiana memoria, ma intanto oggi sono tornato tra gli scatoloni e le cassette perché grazie a loro uno sguardo nuovo mi fa dire, “Alberto va tutto bene, adesso!”

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