Un parrocchiano è stato ricoverato e intubato per alcune settimane. È scattata tra tutti una gara di solidarietà davvero commovente

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Concludiamo oggi con don Salvatore Di Geronimo, parroco di San Massimiliano Kolbe a Misterbianco in provincia di Catania, le testimonianze e le interviste ad alcuni parroci sulla esperienza del Coronavirus

di Francesco Inguanti

Don Salvatore cosa è cambiato in parrocchia da quando è scattata l’emergenza coronavirus?

Per me personalmente non è cambiato molto. L’afflusso di fedeli, tranne che per la domenica delle Palme, Natale e Pasqua, Comunioni e Cresime ancor prima del covid19 non era così massiccio. Per la particolarità del quartiere in cui opero, molto periferico rispetto alla città, in 38 anni di presenza pastorale molte volte ho celebrato le Messe, soprattutto quelle feriali, senza la presenza di fedeli. Certo lo tsunami sanitario ha svuotato anche la normale attività pastorale, sintomo della paura del contagio. Già dal 20 febbraio alle prime avvisaglie la gente non mandava più i figli al catechismo per la paura. Dopo aver percepito che la vicenda della pandemia non era da prendere alla leggera, specie dopo il primo decreto del governo e le indicazioni dei Vescovi della Metropolia, ho sfasato gli orari delle Messe feriali e festive per evitare la presenza del pubblico. Ho tenuto aperta la chiesa per la preghiera personale, per eventuali confessioni o richieste di comunione eucaristica, sia nella mattinata, sia al pomeriggio. Qualcuno è venuto. Evidentemente quando celebravo Messa non cacciavo fuori i due/ tre fedeli presenti che così partecipavano alla celebrazione. Per la Settimana Santa nei primi tre giorni son riuscito ad inviare al gruppo catechiste, gruppo oratorio e ai membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale il testo preparato degli Esercizi spirituali nonché le omelie del giovedì e venerdì Santo e della Veglia pasquale. Vista questa nuova (per me) esperienza, necessitata dalla situazione ho continuato a inviare le omelie delle altre domeniche di Pasqua

Che tipo di ausilio ha avuto dai mezzi di comunicazione (telefono e web innanzitutto) per continuare i rapporti con i parrocchiani?

Per colmare il vuoto catechistico dei ragazzi alcune catechiste si sono organizzate con gli incontri a distanza usando WhatsApp e Skype e ad un certo punto inserendo nel gruppo anche me. Invece per la catechesi degli adulti sono stati loro tessi a rifornirmi e ad istruirmi su WhatsApp e Skype (non essendo io molto pratico di tecnologie moderne) per non perdere la continuità degli incontri

Come ha affrontato le problematiche relative alla carità?

Per quanto riguarda la Caritas parrocchiale abbiamo continuato a rifornire regolarmente con i pacchi spesa settimanale a domicilio gli assistiti del nostro elenco (quasi 50 famiglie con 180 persone circa) cui si sono aggiunti nuovi nuclei familiari entrati in improvvisa e assoluta povertà dovuta al precedente lavoro in nero bloccato dalla pandemia o segnalati dal Banco Alimentare perché domiciliati nel nostro territorio parrocchiale. Anche la Protezione civile di Misterbianco, una volta a settimana è venuta a rifornire le parrocchie con beni di prima necessità, compresi ortofrutticoli e alcuni chili di pane.

Come hanno vissuto queste settimane i suoi parrocchiani? L’appartenenza alla comunità cristiana della parrocchia come li ha aiutati? Vi sono esperienze accadute in questo periodo particolarmente significative che ha avuto modo di conoscere?

Abbiamo usato tutti molto di più il telefono per raggiungere le persone nelle proprie abitazioni: le telefonate di amicizia, di conforto e di sostegno alle persone malate o anziane alle quali abitualmente portiamo la comunione ogni settimana a casa. Un caso interessante è stato il fatto di un nostro parrocchiano, marito di una catechista, colpito pesantemente dal coronavirus, ricoverato e intubato per alcune settimane. È scattata una vicinanza e una gara di solidarietà oltre ad una commovente condivisione della situazione nei confronti della sua famiglia, non solo dal punto di vista di sostegno psicologico e spirituale (in tanti hanno pregato per lui e i suoi familiari), ma anche dal punto di vista delle necessità materiali, dal fare la spesa (erano tutti bloccati in casa per la quarantena) o andare in farmacia. Un altro segno interessante che mi ha sorpreso è stato il fatto che una famiglia si è messa a disposizione per lanciare tra i suoi amici e conoscenti una campagna di raccolta viveri alimentari con la disponibilità a distribuirli ai casi più drammatici di povertà

 

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