di Calogero Zuppardo
Nel 1978 mi sono laureato in architettura e mi sono chiesto seriamente cosa fare della mia vita. Il relatore della mia tesi, che si dichiarava ateo e comunista, mi ha proposto di lavorare nel suo studio dove dominavano le gigantografie di Marx, di Gramsci, e il celebre dipinto “Il quarto Stato” di Giuseppe Pellizza da Volpedo.
Per un anno, ogni mercoledì, mi presentavo al lavoro con la mia nuova bibbia di Gerusalemme, con la copertina rossa, la mettevo in bella vista sul mio tavolo di lavoro e, con il permesso del professore, uscivo un quarto d’ora prima per andare a piazza Busacca ad un incontro guidato da don Pino Puglisi. Era questa l’attività formativa del Movimento Presenza del Vangelo che non ricordo come e quando avevo incontrato. Nelle pause di lavoro le conversazioni finivano spesso su quello che mi spiegava don Pino e una sera il professore mi ha confidato: “andrei in un monastero a pregare”.
A partecipare all’incontro eravamo quattro o cinque giovani, in una piccola sala con un tavolo e poche sedie. Attendevamo don Pino che puntualmente arrivava carico di libri: la Bibbia in aramaico, in greco, in latino, in italiano e qualche altro volume teologico. Era di persona minuta, sembrava occupare uno spazio minimo, si sedeva come se non volesse scaricare il suo piccolo peso sulla sedia. Il sorriso non gli mancava mai. Posava il suo sproporzionato fardello sul tavolo, ci salutava ad uno ad uno, ci faceva recitare il Padre nostro e iniziava la sua lezione su un versetto della Prima lettera di San Giovanni.
Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, (…) quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. (…)
Non ricordo quasi nulla di quello che don Pino ci diceva, ho cercato fra le mie vecchie carte, ma non ho trovato appunti, ma ricordo bene che ascoltarlo era interessante e avvincente perché, certamente, attraverso la lettera di San Giovanni ci parlava della sua esperienza, di quello che lui aveva visto, udito e toccato.
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena.
Sulla parola “gioia” si è fermato a lungo, credo un intero incontro, ma solo ora, dopo tanti anni e tanto lavoro, credo di cominciare a capire l’immensa portata di questa parola. Allora capivo soltanto che don Pino mi voleva bene e desiderava per me quella gioia. Anche se vedeva che non capivo cosa questa fosse.
(…) Dio è luce e in lui non c’è tenebra alcuna. Se diciamo di essere in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, il Figlio suo, ci purifica da ogni peccato. (…)
Dopo la sua interessante e mai lunga lezione farcita di citazioni in aramaico, greco e latino e colorite espressioni in perfetto dialetto palermitano, intervenivamo con domande e approfondimenti esperienziali e don Pino ci guardava negli occhi ascoltandoci, con le sue grandi orecchie un po’ a sventola, con stupore, come se dicessimo sempre qualcosa di importante.
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. (…)
Almeno una vota ho chiesto a don Pino di confessarmi, mi ha fatto entrare in una stanzetta, mi ha ascoltato, mi ha dato alcuni consigli, che mi sono tuttora molto utili, e mi ha assolto dai miei peccati.
Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto da principio. Il comandamento antico è la Parola che avete udito. Eppure vi scrivo un comandamento nuovo (…) Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!
Ricordo una bellissima giornata di primavera, la domenica delle palme del 1979, con quelli di Presenza del Vangelo sono andato a Godrano dove don Pino era stato parroco. In un uliveto, seduti sull’erba, abbiamo cantato e pregato e don Pino, in piedi in mezzo a noi, ci ha parlato di Gesù che ha dato la sua vita. Poi ciascuno ha raccolto un ramoscello d’ulivo e cantando abbiamo attraversato le strade di quel piccolo paese invitando i pochi abitanti ad unirsi a noi. Auguravamo a tutti Buona Pasqua. Una signora, protestante evangelica, mi ha risposto: “per me ogni giorno è Pasqua!” e io: “Allora anche oggi? Buona pasqua!”.
In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.
Non è facile trovare foto o scritti di don Pino perché non amava certo mettersi in mostra. Spesso penso che avrei voluto prendere appunti o registrare le lezioni ma mi consolo perché certamente una traccia di quello che ho udito da lui, in qualche modo, mi sarà rimasta dentro.
La vita vissuta in comunione con il Padre e con lo Spirito necessariamente diventa comunione con i fratelli. Dio è Padre e noi siamo suoi figli e quindi ciascuno deve amare i suoi fratelli. Non possiamo essere come Caino che uccise il fratello. Cristo ha dato tutta la vita per noi: anche noi dobbiamo dare la vita per i nostri fratelli. (da una conferenza di don Pino Puglisi riportata www.reginamundi.info).
Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. (…) Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. (…)
Ho incontrato don Pino poco tempo prima della sua morte alla stazione. Ero in partenza per le vacanze estive con i miei nuovi amici di Comunione e Liberazione, gli ho presentato mia moglie, mi ha chiesto di me e con il solito sorriso mi ha abbracciato.
Il giorno nel quale è stato ucciso, con i miei compagni di lavoro Roberto Alabiso e Americo Mazzotta, lavoravo per una grande vetrata raffigurante la Pentecoste per la chiesa madre di Santa Margherita in Belice. Ho raccontato di come avevo conosciuto e frequentato Padre Puglisi e dell’ultimo incontro alla stazione. Americo ha preso il giornale con la terribile notizia e copiando la foto ha raffigurato don Pino nelle vesti dell’apostolo Giovanni. All’Angelus abbiamo pregato “Colui che può cambiare il cuore degli uomini anche di quelli più malvagi” (dal film Marcellino pane e vino)
Ora passo quattro volte al giorno da piazza Busacca per andare e tornare dal mio laboratorio e guardando la casa dove incontravo don Pino, spesso mi ricordo di recitare il Padre nostro che era molto caro a lui e alla compagnia nella quale l’ho conosciuto.