C’erano Rossini, Ginevra e i cannoli siciliani

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di Francesco Inguanti

Uno degli elementi costitutivi di ogni racconto giallo è l’ambientazione. Basti pensare ai luoghi ove operano il Commissario Maigret, o Poirot o Sherlock Holmes, solo per citare i più famosi.
Nel libro di Eugenio Bollani, “C’erano Rossini, Ginevra e i cannoli siciliani” la descrizione dell’ambientazione fa certamente la differenza. Gli avvenimenti che coinvolgono in un arco di poco più di 70 ore si svolgono nella striscia di terra che va dall’aeroporto Falcone Borsellino, dove atterrano alcuni dei protagonisti, al tempio di Segesta e alle Saline di Trapani, dove i protagonisti fanno una rapida escursione turistica, fino al Duomo di Monreale, meta di una breve visita.
Centro dell’azione è una villa collocata a Castellammare del Golfo dove una mezza dozzina di personaggi, alcuni locali e altri di importazione, convivono per una particolare ripresa televisiva. Ovviamente accade di tutto, compreso lo sbocciare di un amore imprevisto tra un settentrionale e una indigena del luogo, il tutto condito dalla descrizione di luoghi moto ameni e di cibi altrettanto piacevoli.
La consumazione del cibo nostrano, dal dolce al salato, dalla caponata ai cannoli, scandisce il trascorrere del tempo nelle tre giornate di lavoro ed offre al lettore uno spaccato dei luoghi molto accattivante, che, unito a quello della descrizione di paesaggi incantevoli e incantevoli siti archeologici, gli fa nascere la curiosità di conoscerli direttamente. Spicca e colpisce nella descrizione quello del Duomo di Monreale, così definito da Angelo La Porta, una guida turistica del luogo: “A Monreale si racconta attraverso la luce di ori e di smalti la misericordia di Dio, si racconta dell’uomo toccato dalla grazia eppure ci fu chi capì e chi no”
Il fil rouge non è lo svolgersi degli eventi, ma il ricordo che l’autore ha dei luoghi conosciuti in un suo viaggio nell’Isola e per alcune persone incontrate nell’occasione che è possibile individuare andando oltre i nomi d’arte loro attribuiti, prima di giungere all’ultima pagina del libro – ove attraverso i ringraziamenti – è possibile individuarli tutti.
Anche la descrizione dei personaggi merita particolare interesse. I loro tratti salienti sono indicati paragonandoli a personaggi noti del mondo dello spettacolo, della cultura e dell’arte. Ciò coinvolge subito il lettore che deve ricordare anche coloro cui sono avvicinati o assimilati gli interpreti. Per esempio a pag. V la protagonista è decritta così: “Lei, che assomigliava a Sarah Jessica Parker, la Carrie Bradshaw del serial Sex and the City, con un forte accento sicano, oltre al gomito aveva anche un nume, Ginevra Conti.”. Mentre a pag. IX si legge: “Il giovanotto con gli occhiali che assomiglia al fratello gemello di Shelton Cooper di Big bang theory, è invece …..”
Altra menzione va fatta alla metodologia utilizzare per smascherare l’assassino. È tutto merito di colui che con grande maestria riesce ad entrare nella posta elettronica di un personaggio e attraverso collegamenti telematici, ricostruisce una rete di rapporti che datano nientemeno che a circa 50 anni prima. Nulla a che vedere con Maigret, Poirot o Sherlock Holmes.
Nel libro c’è spazio anche per qualche spunto di riflessione messo in bocca alla guida turistica Angelo La Porta che sa coniugare la descrizione dei luoghi con il loro significato. Di Monreale dice ad esempio: “È il compimento di un desiderio, l’abbraccio tra Dio e noi, finalmente! Entrare lì è trovare un respiro profondo. Gioia per gli occhi e respiro per l’anima. Quel volto giudice accogliente è il compimento di tutto. Ego sum lux mundi. Finalmente! Il nostro viaggio qui si conclude, questo si percepisce entrando in Santa Maria La Nuova, che il nostro viaggio è concluso, che abbiamo un approdo, una casa! Il nostro percorrere la vita dal buio dell’occidente verso la luce con quel volto che ci dice; la luce del mondo sono Io, non cercate altrove”.
Nel libro c’è spazio anche per dar vita ad alcuni abitanti del luogo che svolgono attività sociali e impegnate nel volontariato, evidentemente anch’essi conosciuti da Bollani in precedenza.
C’è spazio anche per tante citazioni, per molte fotografie e per tanto altro, forse troppo per CXX pagine che si concludono in Trentino sull’altopiano della Paganella, ove gran parte dei personaggi si ritrovano e può trovare compimento l’incontro d’amore, nato casualmente nelle prime pagine del libro quando all’atterraggio al Falcone Borsellino
Francesco “…varcò la porta girevole, il caldo portato dallo scirocco e il gomito di una bionda. Nel parapiglia lei si scusò mentre Francesco a gattoni recuperava borsa e fogli caduti per terra oltre ad una cartelletta in plexigas trasparente con appiccicato un foglio che riportava un nome e un cognome. La bionda era la sua ‘attendista d’aeroporto’
tra la sicula Ginevra l’amore”. Era Ginevra Conti, di cui abbiamo già fatto menzione.
Rimane da dire il nome dell’assassino. Lo troverete a pag…….?

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