di Francesco Inguanti
Pubblichiamo oggi la recensione del contributo firmato da Vito Impellizzeri nel libro “L’ospite porta Dio tra noi” che offre una interessante lettura del fenomeno migratorio dal punto di vista teologico.
Il contributo di Vito Impellizzeri ha per titolo: “Il compito dialogico della teologia cristiana delle religioni”; è frutto di ben tre anni di lavoro, ed ha per scopo principale tracciare una “ermeneutica teologica del Documento di Abu Dhabi”, quello sottoscritto da papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, utilizzando ampiamente anche l’intervento dal Papa al Convegno di Napoli del giugno 2019 dal titolo: “Allo stesso modo di Gesù”.
Nella introduzione al suo scritto l’autore mazzarese delinea così il percorso che vuole seguire: “la proposta di una teologia cristiana delle religioni verso il dialogo interreligioso: la categoria teologica e conciliare del modo Deo cognito come il compito della teologia delle religioni; la fratellanza umana e il dialogo con l’Islam: le linee guida di una fede pasquale ed ospitale; ed in fine più che una conclusione un orientamento religioso alla azione e alla testimonianza venga il tuo regno!”
Il suo impegno per delineare il pluralismo religioso come luogo teologico si avvale del contributo di molti studiosi e attraversa numerosi “contesti” anticipando ai lettori che “Il fenomeno del pluralismo religioso, esperienza globale, ha poste nuove domande e nuove esperienze all’auto comprensione del cristianesimo dentro la storia”. Ed aggiunge con grande coerenza: “Si tratta di un dono? Del disegno di Dio? Di una sfida? Di un compito? Di una missione? Semplicemente di un dato di fatto?” Queste domande accompagnano in filigrana tutto lo svolgersi del ragionamento e sono raccolte nella affermazione del citato discorso del Papa a Napoli ove chiede: “Vi chiedete quale teologia sia adeguata al contesto in cui vivete ed operate. Direi che la teologia, particolarmente in tale contesto, è chiamata ad essere una teologia e a sviluppare un dialogo sincero con le istituzioni sociali e civili, con centri universitari e di ricerca, con i leader religiosi e con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per la costruzione nella pace di una società inclusiva e fraterna e anche per la custodia del creato”.
Impellizzeri con grande precisione e impegno si immerge nel dibattito teologico per giungere ad una analisi precisa del dialogo con l’islam attraverso soprattutto il Documento di Abu Dahbi.
La struttura del Documento può essere così schematizzato. Alla prefazione segue il corpo del documento stesso che si può divide per comodità in quattro parti, cui segue una conclusione.
Impellizzeri spiega così il senso della prefazione: “La prefazione, ovvero la sua contestualizzazione, indica le coordinate, le ragioni, gli obiettivi di questo documento. Ed indica soprattutto attese con cui deve essere letto per non venire travisato. Non è un testo sulle reciproche fedi, sulle proprie esperienze di Dio, non è un testo pensato uno davanti all’atro, ma è pensato, è scritto, uno accanto all’altro”. Questa la chiave di lettura che offre l’autore e che si può ampiamente riscontrare in ogni frase del Documento stesso. Nel suo contributo teologico si fa riferimento più volte alla Gaudium et Spes, alla testimonianza di Paolo VI e alla sua famosa espressione “Chiesa esperta in umanità” per spiegare come le parole e le preoccupazioni di papa Francesco vengano da lontano e affondano nella più genuina tradizione della Chiesa.
Proprio a proposito del Magistero Impellizzeri aggiunge: “Assistiamo alla metamorfosi del magistero pontificio che va verso un profilo epistemologico inedito, connotato ormai come una sorta di interlocuzione più che come un insegnamento di tipo dottrinale, proposto più che promulgato, timbrò colloquiale, attendibilità profetica, disponibilità a ulteriori sviluppi”. La parola che racchiude e sintetizza tutto ciò è “dialogo”, che è l’invito che papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb fanno a conclusione della prima parte, ove in nome della fratellanza umana dichiarano “di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio”.
Impellizzeri prosegue così: “Questo implica che la Chiesa si auto-comprenda non più come il luogo esclusivo della salvezza, ma come il luogo storico in cui il mistero della salvezza universale si lascia conoscere come evento ormai avvenuto e permanentemente in corso per tutti. L’esistenza della Chiesa nella storia rimane necessaria, perché in essa abbiamo la buona notizia che Cristo vive ancora in mezzo agli uomini e li salva; ma essa sa anche che il suo compito non è circoscrivere i limiti storici della salvezza, bensì annunciarla a tutti, quale realtà già avvenuta nel mondo con la vicenda pasquale di Cristo Gesù”.
Nella parte successiva il Documento rivolge un pressante appello ai Leader del mondo perché si impegnino nell’affronto e nella risoluzione di alcuni gravi situazioni che attentano alla fratellanza e alla pace mondiale, non mancando di evidenziare come tra le cause sia da annoverare l’allontanamento dai valori religiosi e il predominio dell’individualismo.
La parte che segue del Documento è certamente anche la più impegnativa perché enumera e approfondisce le cause che stanno alla base di tante situazioni di crisi che coinvolgono l’intero pianeta e si sofferma su alcuni temi particolarmente cari a papa Francesco.
A tal proposito Impellizzeri scrive: “Poi il Documento ripropone una espressione che noi riconosciamo proprio come una lettura della storia contemporanea da parte di Francesco, la «terza guerra mondiale a pezzi», e che poi sembra quasi una continuazione della Laudatoi sii”. Il teologo mazzarese pone le questioni di fondo: “Cosa dobbiamo fare? Quali sono le priorità dell’umano verso le quali bisogna? Come si traduce tutto questo in un cammino comune? Ed ecco le indicazioni: la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità; il risveglio del senso religioso; soprattutto nelle nuove generazioni; il cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, la violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”. Nella quarta e ultima parte il Documento entra nel merito delle questioni più controverse indicando la strada comune che i due firmatari intendono percorrere. Scrive Impellizzeri: “Il Documento allora offre una carta, meglio un progetto, un disegno praticabile di urbanizzazione umana e religiosa, ne delinea i perimetri, le vie, le strade, le piazze, gli spazi, dove la cultura del dialogo e dell’esperienza della fede possono diventare criterio e metodo di una urbanizzazione, cioè della costruzione di una civiltà della convivenza comune, dove tutto diventa cultura e civiltà del dialogo”. Tra questi temi Impellizzeri soffermandosi su quello della cittadinanza afferma: Il richiamo della categoria di cittadinanza è proprio la chiave interpretativa indicata dal Card. Parolin ….. La sua proposta è che proprio il riconoscimento della fratellanza, vista come orizzonte possibile, porta a riflettere sul concetto di cittadinanza che si basa appunto sull’uguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia, come recita proprio il Documento”.
Impellizzeri inizia a trarre a questo punto del suo ampio e approfondito ragionamento alcune conclusioni tornando alla questione di fondo da cui è partito e sintetizzabile nella espressione Modo Deo Cognito. Scrive così: “L’intento della teologia cristiana non è valutare ciò che di Cristo dicono le altre religioni, ma di rendere ragione della fede pasquale, la quale in una sua particolare modulazione, ospitale, fa credere alla salvezza anche di coloro che religiosamente partecipano della tradizione ebraica, o di quella islamica, o di quella buddista, o di quella induista, o di quella confuciana, o di altre ancora. La domanda fondamentale cui vuole rispondere la teologia del pluralismo religioso è se l’evento pasquale di Cristo rimane efficacemente salvifico anche al di là delle appartenenze alle altre religioni, anche e proprio in forza dell’adesioni di altre tradizioni religiose. … Conseguenza della fede pasquale è credere in un Crocifisso Risorto sempre e ovunque vivente ed operante, che per la potenza del suo Spirito è capace di entrare in contatto con tutti e con ciascuno uomo, … La teologia delle religioni risulta così il trampolino per il dialogo interreligioso”.
Il sacerdote mazzarese prosegue poi nell’affrontare alcuni temi più specifici: il principio dialogico trinitario; il valore antropologico e l’origine trinitaria della libertà religiosa; la categoria di popolo e le narrazioni costitutive; la teologia della santità ospitale. Utilizzando contributi di autorevoli firme, tra cui H. U. von Balthasar Massimo Naro, A. Spadaro, J Daniélou, B. Forte, R. Guardini, G. Ruggieri, si pone alla fine del suo scritto la domanda su quale sia stato il guadagno teologico della teologia cristiana delle religioni per il dialogo interreligioso.
E risponde così: “Il guadagno teologico è stato proprio nella scoperta che la teologia cristiana delle religioni, nel registro del pluralismo religioso inteso come autentico luogo teologico, è il trampolino di lancio per il dialogo interreligioso”. Aggiunge poi due altri rilievi: “Il secondo passo di questa ricerca, … è stato quello di mettere in sinossi teologico i tre modo Deo cognito del Concilio, ovvero quello di Gaudium et spes, … quello di Ad Gentes, … e quello di Nostra aetate…. Poi il terzo capitoletto … Una ermeneutica che prova a fare il viaggio teologico dell’altro contesto, quello che va dal dialogo interreligioso alla teologia cristiana della religione, che legge dentro il testo fino a raggiungere la relazione di buona fede tra credenti che nel nome di Dio, spazio di vocazione, Creatore Misericordia e Sapienza, si fanno carico, sopportano la salvaguardia del creato e lottano accanto ai poveri e agli ultimi. Coloro che ascoltando nel loro cuore la voce di Dio, sanno anche ascoltare, come Dio, il grido della terra e il grido dei poveri, grido che è travaglio, gemito di resurrezione.”.
Giunge così alla quarta parte “quella che non ha fatto sintesi ma ha raccolto le linee guida per una teologia cristiana delle religioni per il dialogo interreligioso: il doppio contesto, il principio dialogico trinitario – misericordia, la narrazione come costituzione di popolo, le religioni risorsa per il riconoscimento della dignità umana, l’origine e il valore della libertà religiosa, il senso del regno di Dio, l’ospitalità, la logica gesuana della kenosi”.
Va dato riconoscimento a Corrado Lorefice e Vito Impellizzeri di aver compiuto un notevole impegno per avvicinare, il pensiero di papa Francesco al grande pubblico in un tema quanto mai attuale e divisivo, quale è quello dell’accoglienza elevandolo al piano teologico e evitando in tal modo di appiattirlo e banalizzarlo sul “cosa fare” e “cosa non fare” riportando invece tutti credenti e non al piano della Fratellanza umana di cui l’enciclica rimane punto di riferimento per tutti.