Tutto chiede salvezza. La ricerca di Daniele Mencarelli nel suo ultimo romanzo

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di Francesco Inguanti

T.S.O. è un acronimo poco conosciuto (fortunatamente). Sta per Trattamento Sanitario Obbligatorio ed è una sorte di ricovero coatto che si applica a coloro che hanno disturbi psichiatrici di una certa gravità.

Un recente romanzo, “Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli, Mondadori, lo ha portato all’attenzione di tanti, non appena per le condizioni di vita che in quei luoghi sono vincoli di sopravvivenza, ma perché attraverso le storie di alcuni personaggi, che per altro si svolgono nell’arco di appena setti giorni, si può comprendere il dramma umano che questi “malati” attraversano e le condizioni spesso drammatiche che devono accettare, nel tentativo che la scienza li aiuti ad uscir fuori da una tragedia che è essenzialmente esistenziale.

Il romanzo inizia col racconto di Daniele che nell’estate del 1994, a vent’anni, si risveglia in un letto d’ospedale mentre qualcuno con un accendino sta tentando di dargli fuoco ai capelli. Poi gli infermieri gli spiegano che si trova in quel posto perché ha avuto un violento scatto di rabbia, ha sfasciato mezza casa, lo hanno portato al pronto soccorso e poi in quel reparto. Sarà trattenuto sette giorni minuziosamente narrati nel romanzo attraverso i “compagni di viaggio” di quella breve ma significativa esperienza.

Sono in totale cinque, con cinque storie apparentemente diverse, ma tutte accomunate da un disagio esistenziale su cui i medici e i farmaci tentano di intervenire, dimenticando che prima che pazienti suono uomini e che prima di essere curati hanno bisogno di essere ascoltati e amati. Amati come sono, con tutte le difficoltà che vivono e l’incapacità di rialzarsi da soli, ma pur sempre uomini e non degenti di una terapia che li guarda attraverso i numeri e le medicine che via via somministra.

Il romanzo, gradevole nella lettura pur nei tanti fatti drammatici che snocciola, non è un romanzo di denuncia o comunque la denuncia non è l’obiettivo dell’autore.

Il caldo asfissiante, la puzza, il cibo difficile da madar giù, gli infermieri demotivati quando non spaventati, i medici ricurvi sulle rigide terapie da applicare, non impediscono che nasca tra tutti una solidarietà e un sostegno reciproco che non sono solo frutto della difesa da opporre alle condizioni imposte all’esistenza in quel luogo, ma sono anche un impegno a guardare dietro, alla vita che ciascuno si porta sulle spalle e avanti, a quello che la vita può ancora riservare.

Daniele farà di tutto per non mettere tra parentesi quei sette giorni, vivendoli invece al pieno delle sue possibilità, partendo dal guardare prima e rivalutare poi i piccoli gesti di amore che coinvolgono i suoi compagni di stanza. Sarà nell’eterogenea, folcloristica e dolente umanità del reparto psichiatrico che Daniele troverà un modo per rivalutare la propria vita. Attraverso gesti piccoli e apparentemente poco incidenti, in un contesto rigido e incapace di prevedere ogni diversità o novità, guarderà sé stesso e con un lento lavoro interiore giungerà al settimo giorno un poco cambiato, tanto desideroso di riprendere la propria vita in mano, quanto consapevole che si tratta di una fatica improba di cui non è certa la riuscita.

Il titolo “Tutto chiede salvezza” non è l’impegno per la ricerca esistenziale del senso della vita, non è la ricerca della Salvezza, con la esse maiuscola, ma è il desiderio di trovare la salvezza di tutti e di tutti, di tutti coloro che Daniele incontra e di tutte le situazioni con cui deve fare i conti. In un recente incontro a Palermo l’autore l’ha così spiegata: “La salvezza di cui parlo viaggia innanzitutto in orizzontale, è una salvezza che investe i tanti guasti, i tanti dolori che abbiamo commesso. Il mio desiderio di salvezza investe innanzitutto questa dimensione assolutamente terrestre (nel mio libro la chiamo sofferenza orizzontale). Poi però prende un’altra direzione che è quella verticale, cioè la salvezza da questo mondo. Io ho vissuto una lunga parte della mia vita e di questo mi reputo assolutamente fortunato, sentendo dentro di me questo anacronismo: quello della ricerca del significato. Questo istinto mi fa vivere tutto come con un punto interrogativo finale: la salvezza che vado cercando da sempre, l’idea di vivere a caccia del significato, di dare un nome e un volto a questo desiderio di salvezza è in fondo l’unica missione che mi è interessata da quando sono nato”.

Il libro di Mencarelli ha già vinto il premio Strega giovani di quest’anno ed è candidato alla LXXIV edizione del Premio Strega. Mercarelli ha già pubblicato un buon numero di raccolte di poesie ed assunto agli onori della notorietà con il suo primo libro: “La casa degli sguardi”, Mondadori del 2018.

 

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