La lezione politica e spirituale dell’Enciclica Omnes Fratres

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di Vincenzo Ceruso, Segretario della Consulta diocesana delle Aggregazioni laicali di Palermo – Comunità di Sant’Egidio,

La nuova enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, è un’enciclica politica?

La domanda è solo apparentemente provocatoria, se la politica viene intesa, com’è nella tradizione della Chiesa, quale ricerca del bene comune; o, per usare una celebre espressione di Paolo VI, come “la più alta forma di carità”.

Una prima, possibile, risposta viene dal concetto di fratellanza, che padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, ci ricorda essere “la prima chiave di lettura del pontificato”. Infatti, il 13 marzo del 2013, affacciandosi su Piazza San Pietro dopo l’elezione al soglio pontificio, papa Francesco indicava la relazione tra il Vescovo e il popolo come un cammino di fratellanza. Nell’enciclica questo termine non indica solo un dato di fatto, ma implica una domanda: di chi mi faccio fratello?

È un quesito che capovolge la logica oggi dominante nel dibattito pubblico per cui non ci sono più fratelli, ma solo apostati o alleati.

Nelle dinamiche politiche la fratellanza si declina come cittadinanza, per cui, se siamo tutti fratelli, siamo anche cittadini con eguali diritti.

Il pontefice non offre una risposta ideologica ai limiti della politica odierna, nei cui confronti è alquanto severo: “La politica così non è più una sana discussione su progetti a lungo termine per lo sviluppo di tutti e del bene comune, bensì solo ricette effimere di marketing che trovano nella distruzione dell’altro la risorsa più efficace” (n. 15); ma indaga sulle radici dell’individualismo, da cui derivano tanti mali del mondo contemporaneo: “In questo mondo che corre senza una rotta comune, si respira un’atmosfera in cui la distanza fra l’ossessione per il proprio benessere e la felicità dell’umanità condivisa sembra allargarsi: sino a far pensare che fra il singolo e la comunità umana sia ormai in corso un vero e proprio scisma” (N. 31).

La risposta allo “scisma” tra il singolo e la comunità si trova nell’icona del Buon Samaritano, da cui prende le mosse il secondo capitolo dell’enciclica, intitolato Un estraneo sulla strada. Non si tratta solo di un’opzione morale. Quello che Francesco chiama “il modello del Buon Samaritano” si rivolge alla nostra vocazione di cittadini, fruitori e al tempo stesso, costruttori di legami sociali: “È un richiamo sempre nuovo, benché sia scritto come legge fondamentale del nostro essere: che la società si incammini verso il perseguimento del bene comune e, a partire da questa finalità, ricostruisca sempre nuovamente il suo ordine politico e sociale, il suo tessuto di relazioni, il suo progetto umano. Coi suoi gesti il buon samaritano ha mostrato che «l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro»” (N. 66).

Un altro nodo fondamentale dell’enciclica è dato dalla centralità dei poveri.

La relazione con i poveri, secondo un’ispirazione che proviene dalla Bibbia e dalla storia della salvezza, è luogo messianico per eccellenza.

In questi giorni difficili occorre leggere la mappa delle nuove povertà, ridisegnata da mutamenti sociali repentini, di fronte a cui siamo spesso impreparati. I credenti, il vasto mondo dei movimenti, delle associazioni e delle aggregazioni laicali, hanno saputo rispondere con intelligenza all’emergenza sociale che ha ferito le nostre città. Il Santo Padre ci ricorda, tra l’altro, che non esiste una sfera spirituale separata da quella sociale, e che la Chiesa attinge dalle sue risorse spirituali l’energia per agire nella storia.

Questa nuova enciclica ha molto da dire e andrà letta e studiata a fondo.

Ma è possibile, fin d’ora, dire che ci trasmette una buona notizia in questo tempo di pandemia: il cristianesimo non è in declino. Non è in declino, perché non è il passato.

Pur nella storia complicata che viviamo, il cristianesimo dona uno sguardo sul futuro ad un popolo spesso stanco e ferito, ma in cammino, che va incontro al suo Maestro e Signore; incontro a Colui che è in mezzo all’assemblea dei fratelli, sulle barche dei migranti, nei letti degli anziani, nelle carceri, negli abissi di solitudine, negli ospedali, tra i poveri.

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