L’1 marzo scorso, nel giorno dei festeggiamenti per San Leoluca, patrono della cittadina di Corleone, un atto vandalico ha pesantemente danneggiato il portone e l’ingresso della Chiesa di Sant’Agostino. Abbiamo posto alcune domande al parroco don Luca Leone.
di Francesco Inguanti
Circa un anno fa il 27 marzo del 2020 papa Francesco, in una piazza san Pietro deserta a causa della pandemia, ha incentrato il suo messaggio in questa frase: la forza di Dio è “volgere al bene tutto quello che ci capita anche le cose brutte”. Questo vale anche per quanto accaduto a Corleone?
Certamente si, altrimenti non sarebbe vero né per Corleone, né per la pandemia, né per null’altro al mondo.
E come ha fatto a spiegarlo ai fedeli e a tutti gli abitanti di Corleone?
Semplicemente evidenziando ciò che tutti possono vedere.
E cioè?
Attraverso le due facce della stessa medaglia.
Ci dica la prima
La prima è la grande testimonianza di solidarietà che ci è giunta da tutta Italia. Una solidarietà non di rito, non dovuta, non di circostanza. Tantissimi ci sono stati vicini in tanti modi, a cominciare da coloro che sono venuti personalmente a trovarci.
Per esempio?
L’elenco è lungo e rischio di dimenticare qualcuno. Cominciamo dal Prefetto Giuseppe Forlan, dal Questore Leopoldo Laricchia, che hanno preso parte alla Messa Celebrata nel pomeriggio dello stesso giorno dall’Arcivescovo mons. Michele Pennisi, oltre che da tutti i fedeli che sono riusciti ad entrare per tempo in chiesa. E poi tutti i messaggi delle più importanti cariche istituzionali.
E la Chiesa?
Il messaggio più sentito è stato quello dei Vescovi siciliani. I Direttori regionale di Pastorale Familiare hanno partecipato alla Via Crucis del venerdì successivo. I Direttori son partiti da Caltagirone e Nicosia, che non è proprio qui vicino. È venuto un gruppo dei diaconi permanenti della Diocesi di Monreale per una concelebrazione eucaristica. E per finire il migliaio di messaggi che mi sono giunti sul cellulare. Anche persone a me sconosciute. E tutti mi invitavano a porgere il messaggio di solidarietà al popolo corleonese. Ho iniziato a rispondere a tutti, ma ci vorrà del tempo per non dare solo risposte formali.
E la seconda?
La seconda è quella più importante, per me costituisce un punto di svolta. La comunità corleonese tutta, con tutti i suoi abitanti, si è sentita colpita da questo gesto e si è unita nell’esprime distacco e sgomento. Si è sentita ferita.
Perché sgomento?
Perché nessuno sa darsi una motivazione convincete sul perché è stato fatto quel gesto. E ancor meno chi possa essere stato l’autore. Per questo attendiamo con serenità lo svolgersi delle indagini.
Ma gli abitanti si saranno pure fatta un’idea? Corleone è piccolo e poi in un paese piccolo si dice che tutti sanno tutto.
Ma questa volta non è così. E chiunque sia stato, ho già detto più volte in questi giorni, vi è una responsabilità di tutta la comunità che non può essere sottaciuta.
Ci spieghi meglio
C’è innanzitutto una parte di responsabilità sul passato, sul perché in una comunità tutto sommato piccola possano accadere fatti simili. Una violenza così gratuita e grave non può essere caduta dal cielo. Certamente vive tra noi, anche se non in modo palese e quindi tutti noi, soprattutto istituzioni e agenzie educative, dobbiamo prenderne coscienza, per evitare che si diffonda ulteriormente. In termini evangelici è l’eterna lotta tra il bene e il male, che si è presentata a noi in questa forma. Dobbiamo prenderne atto e affrontarla.
E se fosse il gesto isolato di uno squilibrato?
A maggior ragione dobbiamo farcene carico, innanzitutto con le cure necessarie e poi con un accompagnamento cui è chiamata anche la comunità cristiana. E poi aggiungo che la “logica del pazzo” in occidente viene utilizzata per deresponsabilizzare. E questo non è giusto. Un gesto simile non rientra nella logica di un corleonese medio e infatti nessuno ha tentato di trovarvi una giustificazione. Auspico che il colpevole si auto accusi, perché solo così può sperare in qualche forma di reinserimento sociale. Altrimenti il gesto rimarrà come un’onta sulla sua persona per tutta la vita.
Prima ha parlato di svolta. In che senso?
Fino a venti o trenta anni fa la violenza che c’era a Corleone era di stampo mafioso. Chiunque commetteva un evento criminoso, anche un omicidio, aveva una parte della comunità in cui rifugiarsi ed essere accolto e giustificato. C’era una “famiglia” pronta a tutelarlo di fronte al resto del paese. Questa volta non è stato così. Tutti in paese hanno espresso dissenso e distacco, sconcerto e riprovazione. Mai ho visto Corleone così unità in una drammatica circostanza.
Forse perché è stata colpita la Chiesa?
Forse, ma tutti si sono sentiti colpiti dal gesto. Anche quelli che non vengono mai in chiesa hanno espresso il proprio dissenso e la propria incomprensione. È stata colpita Corleone nella sua interezza e quindi tutti i suoi abitanti. E tanti anche non credenti si sono offerti per contribuire a riparare i danni causati. Oltraggiare la chiesa in quel modo e in quel giorno è apparso a tutti inconcepibile.
I cittadini come hanno reagito?
Con molto decoro e grande affetto. Hanno letto questo gesto come fatto contro la comunità corleonese. I giovani avrebbero voluto fare anche qualche manifestazione pubblica, ma causa Covid hanno dovuto rinunziare. Tra questi ci sono professionisti affermati e tanti con un senso civico molto elevato, oltre che sono amanti del loro paese e del riscatto che si può operare. Questi giovani credono nella giustizia e nel riscatto della loro città. Ne ho trovati qui molti di più che altrove. È un’ingiustizia fare di ogni erba un fascio. E i cittadini di Corleone non possono essere tutti giudicati allo stesso modo come accaduto in passato. Forse il fattaccio è nato nella comunità, ma non appartiene alla comunità
Ci spieghi meglio la questione della svolta.
Proprio perché non è accaduto quanto le cronache degli anni scorsi hanno registrato, questa volta c’è stata una solidarietà, meglio una unità tra gli abitanti che nasceva dal contrasto alla violenza, ma che era indirizzata verso la pace, verso cioè una convivenza quotidiana, non fondata sulla paura, come in passato, ma sulla comunanza di intenti e una prospettiva “buona” per tutto il paese. Ecco perché credo che da una cosa negativa possa emergere del bene: l’unità della comunità corleonese. Possiamo chiamarlo uno sguardo nuovo su Corleone.
Come guarda al futuro dopo queste vicende?
Con rinnovata speranza. Possiamo contare su più unità e più solidarietà tra la gente. Sono beni preziosi che ci saranno certamente di aiuto. E poi conto molto sulle nuove generazioni. Il futuro del paese è nelle loro mani e questo lo sanno. Hanno alle spalle un passato tragico da cui da tempo hanno preso le distanze. Possono guardare al futuro con ottimismo.