di Francesco Inguanti
Alla Vigilia di una Pasqua per la seconda volta da trascorrere a casa proponiamo la lettura del romanzo dello scrittore polacco Jan Dobraczynski, “Deserto Il romanzo di Mosè”. Edizione Morcelliana perché la sua vicenda e quella del popolo ebreo molti punti in comune hanno con le vicende che stiamo attraversando a causa della pandemia.
Vi proponiamo la presentazione dell’opera che si trova nell’ultima di copertina e alcune riflessioni di Peppone Chiappa a conclusione della sua lettura.
La figura maestosa, torreggiante di Mosè, dalle pagine bibliche è trasmigrata più volte nella letteratura, ha sedotto pittori e scultori, attratti dal cammino della sua spiritualità. Sono proprio i percorsi talora lenti e perplessi, e i nodi critici di questo viaggio interiore, coniugato con l’evoluzione della religione stessa d’Israele, ad apparire, con profondità e naturalezza di rappresentazione, in questo romanzo dell’Autore dell’«Ombra del Padre». In parallelo, il deserto è teatro degli itinerari umanamente incomprensibili di Israele – popolo consacrato al culto di Jahvè, il «Dio geloso» dei padri – custode, nonostante le continue infedeltà, della promessa che gli ha assegnato la terra di Canaan: il deserto, che la «prima generazione» uscita dall’Egitto odia e rifiuta, e che la «seconda generazione» nutrita dal «cibo del cielo», dalla manna e dalle quaglie, non si risolve, pur continuando a detestarlo, ad abbandonare per affrontare la lotta con le popolazioni cananee.
In mezzo a una folla di personaggi, delineati con forza plastica – i capi delle tribù, alcuni dei quali vigorosi e ardenti guerrieri; Aronne, Eleazaro, il levita intransigente Finees, l’«integralista» Giosuè, i faraoni Tutmosi e Amenofi II, i prìncipi della Terra Promessa come Balak, l’indovino Balaam, selvaggiamente estatico, le donne cesellate con finezza, quali Noa e Uta, – si staglia Mosè, l’«amico di Dio»; in lui la religiosità ebraica rivela infine, attraverso tempeste di dubbio, una consonanza con la misericordia infinita di Jahvè, che prelude alla novità cristiana. Il romanzo riesce a mantenere il carattere d’una trama avvincente d’azione, balenante di colpi di scena, d’evidenza «cinematografica», su scenari dipinti con rapidi tocchi in accurate, efficaci ricostruzioni geografiche e storiche.
Leggendo il romanzo di Jan Dobraczynski, “Deserto”, ho rivisto la mia storia, la mia chiamata nella grande amicizia che ho vissuto con don Giussani e l’esperienza di Comunione e Liberazione. Tutti noi siamo eletti, chiamati, presi come siamo, anche balbuzienti come Mosè, con tutta la nostra umanità. Cristo ci ha aiutato mettendoci dentro un Popolo, perché possiamo arrivare alla Terra Promessa. Questo Popolo di Dio è la Chiesa, la Chiesa voluta da Cristo.
Ricordo a tal proposito un evento. La sera del 19 marzo 1974, solo, sulla banchina del porto di Civitavecchia, in attesa di imbarcarmi per la Sardegna per il servizio di leva chiesi a Dio dove voleva condurmi e Lui mi rispose prontamente con l’incontro di uomini e donne che, in una grande amicizia amavano Cristo. Tutti i progetti, la mia vita cambiarono, avevo incontrato quello che poteva rendermi veramente certo e felice, per sempre. Ecco perché mi sento molto vicino a Mosè
Vale la pena leggere questo romanzo perché questo viaggio iniziato con quell’incontro continua ancora, sono parte di un popolo infedele e testardo, ma grandemente amato. Tutti, in modo misterioso Dio chiama, alla nostra libertà il riconoscerlo. Dio ci invia nel deserto, perché è l’unica strada per aa Terra Promessa, ma non ci lascia soli, ecco la compagnia di un del Popolo che ha scelto per guidarci. Tutte le prove più o meno dure che affronto sono la Misericordia che Dio mi rivela e che imparo a riconoscere nelle persone semplici, in quelle più sofferenti.
Nel romanzo che ho letto ho notato che sono le donne quelle che svelano a Mosè il volto amorevole di Dio e cambiano anche il modo di ragionare del Profeta, superando anche il rispetto formale della legge ebraica. Così leggendo queste pagine ho riscoperto il grande amore di Dio nei miei confronti: quindi, il tempo che Dio mi concede è prezioso per la mia salvezza. Dio attraverso strade che spesso non capiamo, e per questo ci ribelliamo, introduce una ragione che alla lunga, nella nostra infante fedeltà, genera speranza e un cuore lieto.