Dante, Martinelli ed io, una sera al Duomo di Monreale

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di Sarah Nicosia

“Tu, proprio tu”.

Marco Martinelli lo asseriva con voce ferma, ostinata e alta. Alta di altezze e vertigine.

Parlava con me e parlava di me.

Parlava di Dante e Dante ero io.

Era da settimane che si sentiva parlare di una serata dantesca organizzata dal Centro Culturale “Il Sentiero” di Palermo.

Dicevano:

Dante; coro; regista e drammaturgo Marco Martinelli; Basilica di Monreale; domenica 31 ottobre ore 19.

E fin qui potevamo arrivarci anche leggendo un semplice biglietto di invito.

Il 31 ottobre pioveva come quelle sere in cui sembra che non piova da tempo.

Monreale era un quadro di nebbia celeste e tamburellante.

Si correva armati di ombrelli rotti dalle auto alla salita in ciottoli fino al portico barocco della basilica.

Entrati nella croce delle navate abbiamo preso posto e dopo aver ascoltato il saluto di benvenuto del parroco della Cattedrale Nicola Gaglio, che ci invita per un altro spettacolo su Dante previsto per l’11 novembre con la presenza di Franco Nembrini, ecco che si alza Marco Martinelli.

Una sagoma agile col maglione nero.

Apre la sua voce e ci racconta del suo amore sempre giovane per la moglie Ermanna, del suo Teatro delle Albe, di Dante, di Pia de’ Tolomei.

La sua voce si dirama come radici di quercia fin sotto le nostre sedie.

Ogni parola sembra incastonata con cura tra le altre e mi commuovo.

Lo spettacolo non era ancora cominciato, ed era già chiaro che sarebbe stato straordinario, eppure ci si commuove nel sentir parlare un uomo la cui presenza parla di una vita riappacificata, di una vita scelta, consacrata alla Bellezza.

La precisione del suo sguardo dissolve e assolve ogni paura. Le paure di chi pesa sulla bilancia l’inferno di scegliere cosa costruire.

C’è il Paradiso nell’Inferno.

È già lì, dice Marco.

“[…] ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai [… ]” dice Dante riferendosi alla Selva oscura.

C’è del bene già lì.

Poi arriva il silenzio e una processione nera di corpi neri percorre la navata laterale e sale davanti a noi.

Il capofila è Antonio, 4 anni, dolcevita scuro e sorriso biricchino.

Dietro di lui Beatrice, Giuseppe, Cristina, Antonella, e una schiera di nomi di tutte le età.

Maschi, femmine, alti, bassi, insegnanti, studenti, bibliotecarie.

Non hanno mai recitato, non sanno cosa stanno per fare, sono un coro senza copione.

Una liturgia.

Si sono incontrati con Martinelli solo qualche ora prima, lui ha chiesto loro di regalargli per una sera la loro voce, di essere la sua eco.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita” tuona il regista.

“Nel mezzo del cammin di nostra vita” tuona il coro.

“Di nostra vita! ” rimanda Martinelli serrando la mano sul petto.

“Di nostra vita!” risponde il coro, mentre un ventaglio di mani si innalza e al cospetto del Cristo Pantocràtore comincia una battuta di danza indomabile col suo corifèo.

E noi, sulle nostre sedie di legno, siamo Dante.

“Voi, proprio voi!”.

Sprofondiamo smarriti e risaliamo le correnti di mosaici dorati.

Ci chiama lì davanti e adesso siamo già al Paradiso.

Il coro, Martinelli e un nuovo coro di spettatori in piedi.

A marciare di verso in verso, di gesto in gesto, unificati.

Più tardi, a cena attorno a un tavolo, si condivide insieme un calice di vino rosso e si assapora con gusto lento la sensazione di poterne avere di più, ancora, Altro.

Altro da realizzare e conoscere.

Si vuole leggere la Divina Commedia, iscriversi ad un corso di teatro e traboccare di una pienezza che non si può raccontare.

Una pienezza da donare, con elegante generosità, così come ha fatto con noi quella sera Marco Martinelli.

La manifestazione è stata sostenuta dal Patrocinio dell’Assessorato regionale al Turismo, Sport e Spettacolo della Regione Siciliana.

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