di Francesco Inguanti
“I ragazzi nati nei Bronx del Sud … sono costretti a stare a vita nella “gabbia” in cui sono nati? Oppure hanno la possibilità di accedere alla libertà, di poter scegliere il proprio futuro e il proprio destino”?
Questa è la domanda, il filo conduttore, che accompagna il lettore nelle 110 pagine di “Giovani invisibili. Storie di povertà educativa e di riscatto” un agile e avvincente volumetto che Giuseppe Di Fazio e un manipolo di giovani giornalisti catanesi raccolti attorno alla esperienza di Sicilian Post hanno appena dato alle stampe.
E per evitare che la domanda appaia retorica hanno cercato di individuare non soluzioni, ma strade, esempi virtuosi, che non risolvono un problema complicatissimo, ma che possono dare speranza ed energia di riscatto ai tanti che nell’anonimato e nel silenzio aiutano i giovani protagonisti di questo libro a guardare al futuro come la possibilità del proprio successo e della propria realizzazione.
Per fare ciò hanno scelto quattro punti di osservazione, quattro luoghi emblematici, quattro storie paradigmatiche da cui chiunque può trarre risorse per affrontare il Bronx in cui opera per necessità o per scelta, poco importa, ma con la certezza che quell’impegno non sarà vano, anche se non arriverà all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale.
I tentativi illustrati, perché di questo si parla nel libro, hanno lo scopo di ridare ai giovani, soprattutto a quelli che vivono nei quartieri a rischio, la possibilità di prendere in mano il proprio futuro e di essere liberi di scegliere.
I luoghi e le storie individuate sono Palermo, e il quartiere Brancaccio, con l’esperienza e la testimonianza di don Pino Puglisi, Reggio Calabria e il progetto “Liberi di scegliere” del giudice Roberto Di Bella, Napoli e Scampia e il rione Sanità, con il Patto educativo contro la camorra, e Catania e il quartiere Cappuccini, con l’esperienza dell’Associazione Cappuccini.
I soggetti che si muovono in questi contesti sono prevalentemente educatori e volontari, i quali con pazienza, dedizione e intelligenza, si prendono cura dei ragazzi, quelli che nel titolo vengono definiti invisibili. Non sono storie a lieto fine, non sono vicende in cui il bene trionfa sul male, sono le storie della vita quotidiana e dell’impegno di quanti sanno che non risolveranno il problema dell’ambiente, del quartiere, della città, ma sanno che dare ad un solo ragazzo la possibilità di uscir fuori dal pantano in cui si è cacciato, quasi sempre per costrizione, per ricatto ambientale, per vincoli familiari, per amicizie sbagliate, equivale ad una grande vittoria. Vincere la guerra non è loro compito esclusivo, ci vogliono ben altri alleati, a cominciare dalle istituzioni, delle agenzie educative e dalla Chiesa. Ma vincere una battaglia è sempre importante e talvolta può risultare decisivo.
Sono storie brevi e avvincenti, che inducono il lettore a leggere anche quelle brutte realtà con positività, con speranza, con meno rassegnazione e meno cinismo.
Le 110 pagine del libro son anche ricche di dati, di riferimenti autorevoli, di testimonianze per evitare che tutto si risolva in sentimentali racconti tipici della televisione di oggi. Un libro non solo da leggere ma anche da usare come risorsa per affrontare la complessità in cui viviamo.
Utilissima a tal fine la post fazione di Claudio Sammartino, già prefetto della Repubblica, che proprio a Catania ha concluso da poco la sua lunga carriera professionale. Osserva le vicende narrate e le giudica sotto la lente di ingrandimento della povertà educativa vista “non solo come insufficienza o assenza di rapporti educativi attuali, ma anche come privazione di opportunità per il futuro dei giovani”. Il suo contributo è un piccolo e ben documentato saggio sul tema un cui analisi e testimonianze si saldano nella prospettiva del cambiamento possibile già ora. “Preziose – conclude – appaiono, quindi le testimonianze di operosità descritte nel volume, tutte accomunate da un obiettivo strategico decisivo: ricostruire, riconnettere e rafforzare fili di relazioni e legami educativi grazie all’impegno generoso e lungimirante di esponenti pubblici, di cittadini e di comunità formative. Questo rappresenta uno dei modi più significativi per ridurre l’isolamento in cui si alimentano fenomeni di devianza e di criminalità e, dunque, costituisce un potente mezzo di prevenzione”.
Il libro aiuta noi a contribuire alla prevenzione del fenomeno e ad aiutare i giovani ad essere meno invisibili.