di Francesco Inguanti
Ricorre quest’anno il centenario della nascita di don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione. Tante, tantissime le iniziative pubbliche promosse nel mondo dagli aderenti a CL, ma non solo. Tanti anche i libri pubblicati nell’occasione.
Il libro di Davide Perillo: “I vostri nomi sono scritti nei cieli. Nel mondo di Rose Busingye”, edito dalla Bur, sembra, almeno dal titolo, non rientrare in questo elenco.
Eppure è tra quelli che in modo più semplice ed evidente ne illustrano uno dei tratti più caratteristici: il suo metodo educativo. Questo è descritto nelle oltre 200 pagine, senza alcuna teorizzazione, senza alcun discorso teorico o scientifico, ma solo raccontando la storia di Rose Busingye.
Ma chi è Rose Busingye? Forse il ricordo più recente noto a molti è il racconto che ha fatto della sua storia davanti al Papa sabato 15 ottobre 2022 nel corso dell’udienza concessa a CL proprio nell’anniversario della nascita del fondatore.
La descriviamo brevemente riportando quanto scritto nell’aletta del libro. “Nata nel 1968 a Kampala, in Uganda, dove vive tutt’oggi, è infermiera professionale specializzata in malattie infettive. Dal 1992 esercita la sua attività con pazienti affetti da HIV/AIDS e altre malattie infettive. Ha fondato il Meeting Point International, che si occupa della cura dei malati e dei loro orfani, di educazione e di assistenza mirata soprattutto alle donne e alle loro famiglie”.
Fin qui Rose. E don Giussani che c’entra? Come lei spiega fin dalle prime pagine e per tutte le altre pagine è l’incontro con lui e poi con il carisma di Cl che le ha fatto cambiare non appena le scelte della sua vita, ma l’orizzonte entro cui collocarla e giocarla, senza per altro abbandonare il luogo e il contesto in cui è nata, è vissuta e continua a vivere.
Dei tanti incontri che Rose ha avuto con Giussani, forse merita più attenzione uno tra i primi, narrato a pag. 190. Rose è a Corvara e don Giussani la incontra solo per manifestarle l’importanza che lei è lì, proveniente dall’Uganda. “E Dio che ti prende – le dice – e ti porta qui da me. È veramente un miracolo”. Lei rimane sconcertata e spiega: “Non capivo. Però lui vedeva un miracolo in questo, nel fatto che c’ero… E vedendo Giussani piangere, dicevo tra me: ‘Qui c’è una cosa seria. Lui sta vedendo un’altra cosa, mentre io rido’. Lui guardava tutto meglio. Guardava Dio. Per questo mi ha fatto scoprire una cosa dell’altro mondo, una mutazione di vita: sei tu, ma non sei più quella. Sei un’altra cosa, qualcosa di importante. Se lo sai, ti tratti in modo diverso. E tratti le cose in modo diverso”.
Il libro racconta di tanti altri incontri tra i due, nei quali a volte lei giunge con una lista di problemi da affrontare e risolvere e lui le chiede: “Come stai?”. Una volta, due volte, tre volte, finché lei non comprende che il valore di tutto il bene che fa e che può fare sta nella sua persona, nel modo in cui guarda le cose.[1]
Questo era il metodo di don Giussani nei rapporti personali. Rimandare l’altro ad un oltre, a un di più che lui non vede. Come è ben testimoniato in un altro libro edito in questi mesi sulla sua figura.[2]
Ma torniamo al libro e alla storia di Rose. Esso narra la sua trentennale esperienza fatta a Kampala in cui ha dato vita a numerose opere sociali di assistenza soprattutto alle donne e anche ai loro bambini. Un’opera di impegno sociale che le è stata riconosciuta da autorevoli associazioni internazionali e che è stata narrata in autorevoli riviste scientifiche. Il capitolo del libro intitolato “La libertà” illustra tutto ciò con divizia di esempi. Tutto ciò a dimostrazione del fatto che il metodo acquisito nel rapporto con don Giussani è stato in grado di offrire a Rose un modo nuovo e serio di affrontare la realtà, senza sentimentalismi o fughe in avanti, con il sostegno di tante persone e di tante associazioni, prima tra tutte l’AVSI[3], una organizzazione governativa senza scopo di lucro impegnata da molti anni con tanti progetti di cooperazione allo sviluppo in 38 paesi del mondo.
Il libro narra di tantissimi episodi e di tantissime persone che Rose ha incontrato e con le quali ha potuto dar vita alle iniziative di cui il libro è pieno. Storie non sempre belle, non sempre a lieto fine, nelle quali però Rose non ha perso la bussola, educata a perseguire l’essenziale, non si è mai scoraggiata, anche se la tentazione di gettare la spugna l’ha avuta, e nelle quali ha dovuto anche cambiare gli obiettivi della sua vita, primo tra tutti diventare infermiera, ipotesi che non aveva mai preso seriamente in considerazione. Ecco perché il libro potrebbe avere un sottotitolo, quello di un altro bel libro edito in questi mesi sulla figura di don Giussani che parla di “storie di un incontro e di vite cambiate”.[4]
Un libro questo di Perillo, semplice nella scrittura e agile nella descrizione, che può essere fatto leggere ai bambini del catechismo e agli anziani della casa di riposo, alle giovani famiglie e a quanti non hanno formato una famiglia, che richiede però una condizione di fondo: non entrare nei racconti con il nostro orizzonte culturale di europei sazi e privi di aspettative.
Un esempio su tutti. Sono tanti i fatti in cui bambini e adulti hanno bisogno di tante cose e chiedono aiuto. Capita che chiedano 10, ma non è possibile a Rose e alle sue amiche esaudire la richiesta; ed ecco che l’interlocutore chiede 50, e poi 100. E la richiesta rimane inevasa con grave scorno del richiedente. Noi diremmo che queste persone non hanno il senso della misura, non conoscono la dimensione della gratitudine. Ma Rose ricorda sempre il brano del Vangelo in cui uno solo dei dieci lebbrosi guariti da Gesù, torna a ringraziare. Mentre noi vorremmo che colui al quale la domenica all’uscita della Messa doniamo al massimo un euro lo impiegasse secondo i nostri criteri, piuttosto che secondo il suo desiderio. Ecco questo è il mondo di Rose, solo apparentemente lontano dal nostro, in cui però la persona con il suo bisogno più profondo è la stessa. Questo è il contesto in cui carità e gratuità sono la faccia della stessa medaglia.
Come detto il libro è facile da leggere perché racconta tante piccole e significative storie. Ma per comprenderne il valore profondo occorre giungere alla fine ove è riportata l’intervista fatta da Perillo a Rose e in cui in modo sintetico sono riportati tutti i temi e gli snodi della sua vita. Queste pagine meritano una attenzione e una riflessione supplementare.
Il libro si chiude con i ringraziamenti ai tanti che hanno aiutato l’autore a completare l’opera, ma l’ultimo rigo dice: “Infine, a mia moglie e ai miei figli. Come sempre, non ne parlo ma ci sono. In ogni pagina”.
[1] Vedi pag. 192.
[2] IL GIUS, di Carmen Giussani edito da Baldini e Castoldi
[3] https://www.avsi.org/chi-siamo
[4] DON GIUS: storie di un incontro e di vite cambiare, a cura di Micol Mulè, I pellicani, Torino, 2022.