Come fare per prendersi cura del disagio giovanile

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di Francesco Inguanti

“I giovani attendono sulla spiaggia, come Telemaco, l’arrivo di un adulto ed invece si trovano davanti un adulescente”. Questa frase ben sintetizza, parafrasando quanto ha detto mons. Gualtiero Isacchi, il significato dell’incontro svoltosi a Terrasini domenica 5 febbraio 2023 in occasione della 45a Giornata per la Vita, promossa dagli Uffici diocesani Giovani, Catechistico, Scuola, IRC, Tutela dei minori e delle persone vulnerabili, Comunicazioni sociali e Famiglia della diocesi di Monreale. Il tema del convegno era: “Disagio giovanile: una sfida di cui prenderci cura”, ed era rivolto in particolare agli educatori, ai genitori, agli insegnanti, ai catechisti, ma più in generale a quanti sono a vario titolo interessati al tema.

Un tema quanto mai attuale e pressante che nell’intervento della dottoressa Rossana Militello, psicologa e psicoterapeuta, ha coinvolto anche emotivamente i presenti a causa delle numerose testimonianze professionali che ha illustrato, tutte incentrate su casi spesso drammatici di giovani che per lunghi mesi sono stati oggetto delle sue cure. Giovani adolescenti che hanno vissuto lunghi periodi di isolamento, di specifiche patologie legate alla condizione giovanile, i cui casi sono stati spesso scoperti in modo casuale e inatteso degli stessi genitori.

La dottoressa ha illustrato preventivamente l’importanza che oggi assumono le psicoscienze per giungere ad analisi sempre più precise delle crisi adolescenziali, dalle quali emerge che la fase dell’adolescenza si allunga sempre più rispetto al passato e che essa è aggravata dal fatto che i giovani spesso non incontrano figure di adulti, ma di “Adultescent”, termine straniero che indica degli adulti che malgrado l’età conservano caratteristiche tipiche degli adolescenti.

Conseguenza di questo processo di liquidità sociale è che i giovani vivono in una società disgregata in cui le figure più disgregate sono proprio quelle degli adulti e dei genitori. E quindi proprio da queste occorre partire.

Il testimone è passato allora a don Enzo Volpe, salesiano che da molti anni opera nell’Oratorio di Santa Chiara di Palermo e che vanta una lunga esperienza di sostegno e condivisione della condizione giovanile. Dopo aver evidenziato quanto sia lontano il linguaggio dei giovani da quello degli adulti e quanto pertanto sia difficile pensare di coinvolgerli in esperienze ecclesiali impostate secondo canoni organizzativi e comunicativi ormai vecchi di decenni, ha posto l’attenzione sull’importanza dell’Oratorio di salesiana memoria. Esso però va profondamente rivisitato a partire da uno stile di condivisione che non può essere quello del secolo scorso accompagnandolo con la creazione di comunità di rete che vedano il coinvolgimento di altri soggetti, genitori e insegnanti innanzitutto. Riportando esempi spesso molto crudi della sua esperienza di sacerdote ed educatore ha invitato la comunità ecclesiale ad assumere tutta intera la propria responsabilità, “a partire dalla consapevolezza che noi siamo la luce e il sale della terra, come il Vangelo di oggi ci richiama” ed evitando quindi di ritenere che il compito sia sempre degli altri.

Mons Isacchi ha concluso l’interessante pomeriggio, coordinato dalla professoressa Lucia La Fata, rivolgendo un accorato appello a tutti e soprattutto ai giovani perché prendano in mano la propria vita evitando di abbandonare questa terra così accogliente con gli stranieri in cui però sembra non ci sia posto proprio per i giovani che vi nascono e alla comunità ecclesiale affinché si faccia di più e meglio carico del disagio sociale in cui vive.

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