di Francesco Inguanti
Filippo La porta è una delle guide che ogni giorno accompagnano gruppi di visitatori al Duomo di Monreale. Svolge questo lavoro ormai da molti anni ed ha avuto di conseguenza molte opportunità di incontro con i turisti.
Lei ovviamente presta la sua attività non solo a Monreale. Che effetto le fa entrare in questa cattedrale rispetto ai tanti altri luoghi in cui accompagna i visitatori?
Per mia fortuna, visto che è il mio lavoro, vi entro centinaia di volte. E l’effetto è sempre di una grande sorpresa. Ricordo sempre e riscopro come vero quello che mi disse tanti anni fa mons. Benedetto Rocco, il più grande studioso della Cappella Palatina: “La osservo da trent’anni e ci sono ancora cose che devo decifrare e capire”. Per me è lo stesso quando entro nel Duomo. Per me è un luogo di pacificazione. Mi capita di giungervi in una condizione di disagio a causa di un litigio, un dissapore, insomma di qualcosa che è andata male. Ma appena entro e inizio la spiegazione mi rendo conto della pochezza degli avvenimenti che mi sono accaduti e mi sento pacificato. La cosa incredibile è che provo questa sensazione ogni volta che torno.
Come spiega questo fatto?
La cattedrale di Monreale è la massima espressione del momento storico artistico costituito dalla dominazione normanna Non a caso Dante ci fa incontrare il committente di questo tempio, Re Guglielmo II, in paradiso, Nel duomo si può percepire l’infondatezza della convinzione secondo cui la Sicilia non può cambiare. Se il popolo siciliano ha costruito un monumento così bello e significativo, vuol dire che può cambiare e migliorare.
Può descriverci la tipologia del visitatore?
Ogni anno transitano circa 600.000 visitatori, quindi la tipologia è molto variegata. Ciò che più mi fa soffrire è quando il tour operator ci invita ad essere veloci nella spiegazione e quindi inesorabilmente superficiali. So che è una grande occasione che quelle persone perdono per la loro vita.
Ma i visitatori non sono tutti uguali. La loro provenienza come incide nel suo lavoro?
Certo ogni volta è come la prima volta. Provo a raccontare le esperienze più significative. Recentemente ho fatto da guida ad alcuni gruppi di giapponesi. È noto che sono interessati soprattutto a scattare foto, non sono appassionati alle spiegazioni. Mi sono allora posto la domanda su come interessarli al luogo, tenuto conto che non hanno le competenze minime sulla storia dell’arte occidentale che ha un europeo. Sono partito dal punto di vista fondamentale che a Monreale è ben illustrato: l’uomo che cerca la luce, spiegando che Monreale è il luogo di riferimento per chi cerca la luce per la propria vita. Meglio ancora: dell’origine della luce. E questo desiderio è di ogni uomo, in ogni angolo del mondo. Allora ho detto loro che l’uomo cerca geneticamente l’origine della luce, e questo è dimostrato dall’orientamento dei templi greci, tutti rigorosamente guardanti l’est, fino al punto che abbiamo città in Sicilia orientate a est, come Erice. Ho aggiunto alla fine che a Monreale c’è la pretesa di affermare che questa luce è presente, si manifesta. E mi sono accorto che quando l’interprete trasmetteva questi concetti loro manifestavano un palese stupore sul viso. Segno evidente che avevano non solo capito, ma condiviso il giudizio da me espresso. Altrimenti si sarebbero fermati agli elementi più banali e immediati: le dimensioni, l’oro, il fasto, la magnificenza, ecc.
Il Duomo è innanzitutto un monumento religioso, un tempio cristiano. Chi non ha spiccata sensibilità religiosa come reagisce?
Questa possibilità va messa nel conto. A me e accaduta in modo concretissimo una volta in cui ho parlato ad un gruppo di studenti svizzeri. Erano assolutamente indifferenti alla mia spiegazione, soprattutto al significato religioso dei mosaici. L’insegnate che li accompagnava mi ha poi spiegato che erano a-religiosi. Del cristianesimo avevano solo scarse conoscenze storiche. Per completezza di analisi va anche detto che ci sono autorevoli studiosi che hanno prodotti studi per noi guide sul Duomo di Monreale a prescindere da ogni chiave di lettura religiosa. Quindi soffermandosi solo sul dato storico e artistico. L’invito è di parlare del committente, Re Guglielmo, e di Monreale come il massimo dell’apologia della dinastia degli Altavilla. A mio avviso, per tutto il tempo e gli studi che ho dedicato alla cattedrale, questa mi appare come una lettura parziale. Ma torno a quanto detto prima: ogni volta occorre capire su quale elemento far scattare l’interesse. E il duomo ne offre tantissimi.
Ma questo tipo di lettura è un fenomeno recente o è già accaduto in passato?
Il fenomeno è antico. Cito solo un caso tra i tanti. Quando nel settecento ci fu la moda dei grandi intellettuali europei di venire a visitare la Sicilia, accadde che Goethe fu assolutamente infastidito entrando a Monreale, mentre rimase assolutamente commosso di fronte ai templi di Agrigento. Ma è chiaro! Proveniva da un paese luterano, era di formazione massone, non poteva farsi cogliere dall’oggettività della bellezza di ciò che vedeva. Costoro non comprendono che Monreale è nata per educare il popolo. Prima della edificazione in quel luogo aveva imperato per 250 anni l’Islam che aveva tentato di azzerare ogni forma di presenza cristiana. A fronte di ciò va ricordato come risulta dai documenti nella Fabbriceria del Duomo che quando i pellegrini entravano nel Duomo dalla porta del Paradiso, si inginocchiavano ed esclamavano: “Finalmente a casa”. Riconoscevano quel luogo come la casa e la casa è il luogo in cui la memoria è viva e presente.
Qual è la sensazione che prova chi entra per la prima volta in Duomo?
Una sensazione di incredulità, perché non riesce ad immaginare un luogo simile. Solo poche chiese in Italia vantano per esempio un ingresso denominato: porta del Paradiso. Monreale è anche un luogo di espiazione e di conversione: un percorso quasi obbligato: dal buio dell’occidente alla luce dell’oriente attraverso la porta del Paradiso, appunto.
Tra i visitatori ci sono anche molti ragazzi. Come si comportano?
Io ho modo di accompagnare molte scolaresche. La distinzione di fondo è che gli studenti delle scuole non statali sono in genere più motivati, più interessati e più attenti di quelli delle scuole statali. Per quello che ho visto la differenza la fanno gli insegnanti e il modo in cui hanno preparato i ragazzi alla visita. Devo aggiungere che negli ultimi anni ho notato una maggiore conoscenza della storia del periodo normanno in Sicilia anche tra gli studenti. Dico loro, quando posso, che ci deve pur essere un motivo per cui Dante ci fa incontrare nella Divina Commedia per ben 5 volte personaggi della dinastia normanna. I due in paradiso sono Costanza d’Altavilla, zia di Re Guglielmo e lo stesso Guglielmo II; all’inferno Federico II e Pier delle Vigne, in purgatorio Manfredi figlio illegittimo di Federico, che come lui morì scomunicato.
Ma a tal proposito, che rapporto c’è a suo avviso tra la Divina Commedia e i mosaici di Monreale.
A mio avviso molto stretto, anche se non risulta che Dante sia venuto fin quaggiù. Traggo questo giudizio anche da un importante incontro che ho fatto proprio durante una visita con un grande conoscitore di Dante, il professor Franco Nembrini. Accadde che a conclusione della vista mi chiedesse: “Lei ha letto il 33° canto del paradiso”? Risposi che le mie conoscenze si fermavano ai versetti della Preghiera alla Vergine. Allora mi propose di leggere tutto il canto e di rifare poi nuovamente la visita. Così mi fece notare che nel sopra porta del Duomo c’è un ossimoro che dice, “Spose sue prolis”, così come nella Preghiera alla Vergine c’è un altro ossimoro che dice “Vergine Madre, figlia del tuo figlio”. A Monreale Maria è l’Odigitria, colei che conduce a Cristo, per Dante Maria è colei che ha generato la luce Mi fece notare così la corrispondenza della cantica dantesca e del duomo di Monreale e aggiunse: “È più di un sospetto adesso per me quello che Dante sia venuto qui prima di scrivere la Commedia” E poi mi chiese: “Che differenza c’è a suo avviso nel tentativo di Dante di descrivere Candida Rosa riportata nel presbiterio del Duomo e il tentativo che il duomo di Monreale è di descrivere il paradiso”. Mi venne di pensare anche al “Nome della rosa” di Umberto Eco che è proprio il tentativo di negare l’esistenza della “Candida Rosa”. Monreale è il luogo in cui si capisce perché siamo uomini orientati, cioè cerchiamo un senso alla nostra esistenza.
Ma che differenza c’è da questo punto di vista con la Cappella Palatina?
A differenza della Cappella Palatina, luogo riservato solo ai reali, il Duomo di Monreale è un luogo per il popolo, in cui il popolo può fare il percorso dal buio alla luce di cui abbiamo detto. È una specie di Bibbia con le più belle illustrazioni.
E chi vi è già stato e ritorna cosa cerca?
Costoro sono quelli che magari venendo in gruppo poi vogliono rimanere da soli; non necessariamente seguono il giro della chiesa, ma si siedono e guardano e rimangono in contemplazione. Ritornano perché vogliono capire di più. Riflettiamo su una cosa apparentemente banale: Monreale e i suoi mosaici sono stai fatti per essere guardati e capiti dal popolo; così è stato per secoli. Adesso ci sono le guide; ma per capire il messaggio di Monreale non sono necessarie le guide.