Caterina Passarella: la mia esperienza del bello spiegando la mostra al Meeting

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di Caterina Passarella

Avevo fatto da guida alle mostre del Meeting negli anni scorsi e avevo rinnovato la mia disponibilità anche questa volta, senza sapere cosa mi sarebbe stato chiesto.

Ho accolto con molto piacere la proposta di quest’anno su Monreale. Mi ha appassionato innanzitutto la lettura e lo studio del materiale preparatorio, anche perché a Monreale non sono mai andata ed è proprio questo il primo impegno che ho assunto: visitare la Sicilia e Monreale.

Il lavoro di questi giorni è stato bellissimo perché innanzitutto mi sono sentita fortunata al pensiero del tesoro che mi è stato dato nelle mani accompagnando i visitatori.

Poi è stato importante vedere e percepire le loro sensazioni, soprattutto quelle di coloro che vedevano quelle immagini di Monreale per la prima volta. Una esperienza di bellezza condivisa come mai avevo fatto. C’è stato un rischio, soprattutto quando la stanchezza prendeva nei turni serali: ripetere a memoria quasi come un CD.  E questo si può superare solo con l’assimilazione alla bellezza che hai tra le mani. Insomma fare della trasmissione dei contenuti una occasione di incontro con le persone che hai davanti.

Un’esperienza particolarmente bella l’ho fatta con i bambini. Avevo un certo tremore all’inizio perché non avevo fiducia nella loro capacità di comprensione. Ed invece è accaduto il contrario: i bambini sono i primi a capire il valore della bellezza. Vuol dire che il contenuto del messaggio di Monreale non è per addetti ai lavori, ma per tutti e questo è il significato della bellezza.

Questo tesoro che ci è stato tramandato ha anche un valore di grande attualità, perché anche chi non ha competenze specifiche può apprezzare il contenuto del messaggio che questi mosaici danno ad ognuno di noi. Anche chi non ricorda date e nomi rimane colpito: molti infatti all’uscita commentavano quadri apparentemente di dettaglio di ciò che avevano visto a testimonianza che il contenuto del messaggio giunge sempre anche nei modi che non ci aspettiamo. Tutte queste cose è come se annullassero la distanza temporale del duomo e cose se fosse stato costruito questa mattina. Questo genera stupore.

Di fronte all’Icona dell’Odigitria ho visto al di là del silenzio o non silenzio di ciascuno un grande rispetto. C’era in tutti la consapevolezza che quella non era una sala come tutte le altre, ma che richiedeva appunto un rispetto per quello che c’era.

 

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