Diamo voce oggi a don Rino Randazzo, parroco dell’Unità Pastorale “Maria SS.ma Annunziata – Maria SS. della Salute” di Castelvetrano
Don Rino, da oltre un mese anche la sua parrocchia è chiusa. Che effetto le fa vedere non solo la chiesa, ma soprattutto i locali parrocchiali privi di bambini e adulti?
La prima sensazione è stata quella del vuoto. Personalmente, mi sembrava di essere inutile, è una sensazione che credo provino molti confratelli, ma può diventare un campanello d’allarme, che ci fa scoprire la profondità della nostra vita, oltre quella voglia quasi morbosa che attacca anche i preti e ci spinge a fare, fare, fare: iniziative, incontri, e tantissime cose a volte fini a sé stesse. Il silenzio fa bene, dalla meditazione nascono le parole giuste e i pensieri giusti. La solitudine di questi giorni fa del bene a me, mi aiuta a ri-centrarmi nel necessario e nell’essenziale.
Che tipo di ausilio ha avuto dai mezzi di comunicazione per continuare i rapporti con i parrocchiani?
Un parroco secolare senza gregge per me è inconcepibile. Questo isolamento sociale mi fa scoprire altri modi per restare connesso con le persone. Spesso mando messaggi su whatsapp, ma mi piace soprattutto la voce: allora telefono alle persone sole. Agli anziani, alle famiglie, e i malati che attraversano momenti difficili. Credo che alle volte basti questa presenza: una parola, il fatto di sentirsi pensati, ricordati, senza fare prediche. Una voce per far sentire meno soli. Poi ho scoperto le dirette su Facebook, e dal momento che non si è potuto celebrare più col popolo, giornalmente celebro l’Eucarestia nella mia parrocchia e tutte le azioni liturgiche che ordinariamente si svolgevano prima della pandemia, dal Rosario prima della Messa alla via Crucis alla pia pratica dei 15 giovedì di Santa Rita, sono stato l’unico nella mia città che ha adottato questo sistema. Non resistevo a restare in silenzio, senza pronunciare qualche parola, maturata nel silenzio e nell’isolamento di questi giorni difficili con la chiesa vuota, ma piena spiritualmente dei miei parrocchiani, delle loro preoccupazioni, paure, speranze che ogni giorno presento al Signore. I parrocchiani li porto ogni giorno nella preghiera della Messa e ogni giorno li sento vicini a me, in un senso di comunione che non è fisica, ma va oltre la distanza: un’unione nella lontananza. Un’unione che non viene meno anche se siamo lontani fisicamente perché dimostrata dagli innumerevoli messaggi di compiacimento e ringraziamento che ricevo giornalmente.
Come è cambiata l’attività della Caritas?
La Caritas parrocchiale ha dovuto subire uno sconvolgimento, dal momento che molti operatori volontari per paura del contagio, hanno deciso comprensibilmente di limitare le giornate del centro di ascolto e facendo entrare gli assistiti uno per volta. Ma ci siamo immediatamente attivati in sinergia con la Caritas diocesana e la locale Croce Rossa condividendo assieme a loro le risorse della parrocchia in ausilio delle loro attività ben coordinate e dirette sul territorio.
E la catechesi?
La catechesi, finalizzata alla preparazione ai sacramenti, soprattutto dei bambini e dei ragazzi, ha cercato in questo frangente, altre forme alternative per offrire un servizio, grazie alla generosità e creatività dei catechisti della parrocchia. Attraverso gruppi di whatsapp e l’invio di schede preparate dalla CEI e con l’ausilio di alcuni programmi realizzati ad oc da TV2000 si è cercato in qualche modo di sopperire all’incontro con i ragazzi. Attività lodevoli ma che a mio parere ben poco hanno lasciato ai catechizzati. Soprattutto se non c’è un’accurata attenzione da parte delle famiglie.
Come hanno vissuto queste settimane i suoi parrocchiani?
“Una familiarità senza comunità, senza il pane, senza la Chiesa, senza il popolo, senza i sacramenti, è pericolosa”. Così qualche giorno fa papa Francesco ha affermato nell’omelia della Messa mattutina in Santa Marta. Da parte dei fedeli questa è una situazione non desiderata né desiderabile, che intralcia molte iniziative parrocchiali che si erano programmate nel tempo, come le feste patronali e le processioni, i pellegrinaggi organizzati ed annullati, i momenti di aggregazioni che ci hanno sempre accompagnato negli anni. Ma credo che può essere occasione che aiuta a far crescere il desiderio di essere comunità. Il rammarico di non poter partecipare alla Messa, se diventa risentimento, non produce niente. Accade il contrario se, invece, aiuta a crescere nel desiderio di vivere la vita della comunità in tutte le sue espressioni: andare in chiesa, a Messa, condividere i gesti della carità cristiana, ascoltare insieme la Parola del Signore. Ritorneremo a farlo e allora sarà davvero “bello e gioioso vivere come fratelli”!
Vi sono esperienze accadute in questo periodo particolarmente significative che ha avuto modo di conoscere?
Una delle esperienze più belle che sto sperimentando in questo periodo è constatare la grande maturità di fede di alcuni miei parrocchiani, in molti seguendo le disposizioni che la legge al momento impone non hanno fatto mancare nelle loro vita il nutrimento della Parola di Dio, in molti infatti hanno seguito le dirette sui social, ma tanti anche hanno sperimentato all’interno delle loro case le “piccole celebrazioni” che attraverso i sussidi della CEI per questo periodo di pandemia sono stati messi a disposizione per le famiglie che sono state private del Pane Eucaristico.